Scorrazzando tra le pianure della Marca trevigiana, capita di imbattersi in diversi cartelli marroni che segnalano le tappe di un percorso ben preciso. Il progetto che vi fa capo, e che mette in circuito diversi luoghi di interesse disseminati nel territorio, porta il nome di "Strada dell'Architettura" e nasce in collaborazione con i Comuni del trevigiano allo scopo di valorizzare e rendere accessibile a tutti la conoscenza di alcune opere d'arte altrimenti poco visibili. Così, cartello dopo cartello, attraversando diverse cittadine e proseguendo quasi come fosse un caccia al tesoro, ci si imbatte in chiese, ville, borghi e palazzi, architetture moderne e industriali che ripercorrono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria o il Canova. E il tesoro alla fine si trova. Anzi, ce ne sono due che spiccano tra gli altri, quasi agli antipodi dell’itinerario: la monumentale Tomba Brion a San Vito e la Gipsoteca di Possagno, entrambe ad opera del grande architetto veneto Carlo Scarpa. Assieme ai moltissimi progetti redatti per residenze private, edifici commerciali e pubblici e per l'allestimento di grandi mostre, dei lavori di Scarpa ci restano in tutta Italia ben apprezzati esempi, dalla Ca' Foscari alla Fondazione Fondazione Querini Stampalia a Venezia, dalla sistemazione del palazzo Abatellis di Palermo (1953-54) al restauro del museo di Castelvecchio a Verona (1964). Il progetto realizzato a San Vito però, secondo alcuni critici, può essere considerato l’apice della sua attività. Forse perché il complesso, commissionatogli dall’industriale Brion ed eseguito tra il 1970 ed il 1975 (negli anni in cui procedevano anche i lavori al triestino Museo Revoltella) sarebbe poi diventato, come da accordi, anche la sua stessa tomba. Carlo Scarpa è sepolto in un angolo, quasi nascosto, esterno a questa sua opera che è stata dallo studioso Giuseppe Mazzariol definita «la duplicazione dei suoi occhi». Per informazioni e visite guidate (nei periodi di giungo e luglio) ci si può rivolgere alla Biblioteca Comunale di Altivole (tel. 0423 918380) oppure al custode (sig. Marcolin, tel. 0432 564200). Il monumento non è immediatamente visibile dalla strada principale. Sulla destra, bisogna cercare un signorile palazzetto settecentesco, ingrigito dal tempo e dalle intemperie, che fino a qualche mese fa ospitava l’ormai chiusa Osteria dalla Wilma, dal nome della simpatica ostessa sempre pronta a raccontare brillanti aneddoti di quegli anni in cui Scarpa si recava lì per mangiare un boccone e si soffermava a scarabocchiare un’idea per il progetto funerario che stava portando avanti. Accanto al palazzetto si snoda una stretta viuzza al termine della quale si intravede il viale di ingresso al Cimitero di Altivole, dove si trova appunto la Tomba Brion. L’acqua, elemento caratterizzante dell’opera di Scarpa, unisce tutti gli episodi architettonici di questa complessa progettazione dalle suggestioni orientali, affianca i percorsi, regala poesia alla composizione estremamente armonica, ben integrata al paesaggio circostante. Stupisce notare come il posto sia frequentato da qualche turista straniero - soprattutto dai tratti asiatici o con spiccato accento americano - che si aggira nel perimetro con tanto di guida, ma da ben pochi nostri connazionali. Molto più affollata è invece la Gipsoteca (che letteralmente significa “raccolta di gessi”) di Possagno, dove Monsignore Giovanni Battista Sartori, alla morte del fratellastro Antonio Canova, volle trasferire tutti i modelli in gesso, i marmi invenduti, i dipinti, i bozzetti e quant'altro si trovava nei magazzini dello studio romano dell’artista. Per ospitare le collezioni, consentendo a turisti e studiosi di ammirare tutte assieme le opere, Sartori decise di costruire una Galleria presso la casa natale di Canova. Apprezzata dai visitatori è soprattutto la nuova ala dell’edificio, costruita da Scarpa nel 1957 nell'alta sala a torre e nel corpo allungato che si restringe fino alla piscina delle Grazie. Qui, inondati dalla luce solare che piove dall’alto, hanno trovato adeguata sistemazione alcuni modelli in gesso di quelli che sarebbero diventati capolavori come “Amore e Psiche” e le “Tre Grazie”.
di CRISTINA FAVENTO
il Piccolo — 05 marzo 2010 pagina 34 sezione: CULTURA - SPETTACOLO RIPRODUZIONE RISERVATA