È sempre interessante sbirciare tra i disegni di un grande artista, si ha quasi l’impressione di curiosare tra gli appunti più intimi di un diario, di afferrare il senso dell’opera compiuta che verrà, o che già ha lasciato il segno. La ghiotta occasione, questa volta, ce la offre fino al 9 marzo una piccola e significativa mostra allestita a Vicenza nella Casa del Palladio: “Max Ernst, opere grafiche”. In esposizione ci sono circa venti lavori del pittore e scultore tedesco che ripercorrono, tra acquetinte, acqueforti, linoleumgrafie e “puntasecca”, sessant’anni di carriera e vanno dal 1911 al 1970 circa.
Ernst (1891-1976), dopo essersi laureato in filosofia e storia dell’arte, si avventura alla scoperta del disegno e di quelli che presto saranno tra i più significativi riferimenti del suo bagaglio artistico e culturale: l’arte di Giorgio De Chirico, la psicanalisi di Freud, l’esperienza diretta fatta negli ospedali psichiatrici, il trasferimento a Parigi e la svolta surrealista. L’artista è, infatti, uno dei cofirmatari del Manifesto del movimento redatto da Andrè Breton nel 1924 ed è stato uno degli esponenti più attivi del Surrealismo.
Con questa mostra ad ingresso libero, che ripropone solo una parte della grande collezione esposta nel 1997 al Museo Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam di San Paolo nel Brasile, il Comune di Vicenza rende omaggio ad uno degli artisti più originali ed innovativi del Novecento, definito da Man Ray come colui che "Ha ficcato un dito nell'occhio della storia e ha dato un calcio nel sedere alla pittura!".
Con questa mostra ad ingresso libero, che ripropone solo una parte della grande collezione esposta nel 1997 al Museo Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam di San Paolo nel Brasile, il Comune di Vicenza rende omaggio ad uno degli artisti più originali ed innovativi del Novecento, definito da Man Ray come colui che "Ha ficcato un dito nell'occhio della storia e ha dato un calcio nel sedere alla pittura!".
Il lavoro di Ernst, infatti, ha scosso le certezze di una stanca arte d'inizio secolo, non solo attraverso la revisione delle modalità poetiche della produzione artistica, ma anche con il superamento delle tecniche pittoriche della tradizione. Nel 1954 l'artista, ormai conosciutissimo, vince il primo premio alla Biennale di Venezia grazie anche all’invenzione del “frottage” una tecnica pittorica che ha come base un comune gioco grafico e che diventa, nelle mani dell'artista, uno dei più seri esperimenti in arte di tutto il Novecento. Alcuni esempi di questa tecnica si ritrovano anche nella mostra vicentina.Negli ultimi anni Max Ernst lavorò quasi unicamente con la scultura, ma uno dei suoi ultimi affascinanti capolavori, del 1964, è un omaggio alle scoperte e ai misteri intravisti nella stagione del surrealismo: “Maximiliana ou l'exercise illegal de l'astronomie", un libro interamente composto di segni astratti che simulano linee di scrittura e sequenze di immagini.
La mostra, aperta tutti i giorni dalle 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30, è anche un'occasione per riscoprire gli splendori di Vicenza, un museo a cielo aperto che celebra la grandezza del periodo rinascimentale italiano.
La mostra, aperta tutti i giorni dalle 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30, è anche un'occasione per riscoprire gli splendori di Vicenza, un museo a cielo aperto che celebra la grandezza del periodo rinascimentale italiano.
La Casa del Palladio, ideata dall’architetto ma da lui in realtà mai abitata, fu costruita tra il 1560 ed il 1570 per il notaio Pietro Cogollo e rientra tra i monumenti tutelati dall’Unesco. L’edificio presenta una struttura forte e pulsante al piano terra, più raffinata e lieve al piano nobile, fino ad alleggerirsi graziosamente nella parte sommitale. La superficie centrale, come quella dell'attico, un tempo era decorata da affreschi di Gian Antonio Fasolo.