Una luna enorme, grondante di rosso, si innalzava a est del villaggio nel crepuscolo della pianura immensa. Le case, tinte del rosso lugubre della luna, sparivano dietro un velo sempre più spesso di nebbia e di fumo. Il sole era appena tramontato e una lunga nuvola purpurea aleggiava ancora all’orizzonte. Piccole stelle gracili tra il sole e la luna mandavano bagliori intermittenti. Il villaggio scivolava lentamente nel mistero, non un abbaiare, non un miagolio, né grida di anatre o di oche, solo il silenzio. La luna si levava, il sole tramontava. Un bambino sgusciò fuori da una porta fatta di ramaglie e in quel momento una stella si spense nel cielo. La sagoma del bambino, come l’ombra di uno spettro, galleggiò leggera nell’aria e ondeggiò sull’argine del fiume dietro al villaggio. Sotto l’argine, l’erba secca e le foglie ingiallite dei pioppi e dei salici sembravano ansimare. […]
Mo Yan, Il fiume inaridito

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di Cristina Favento
Volevo parlare prima o poi anche del ruolo fondamentale del paesaggio in questo autore, ma stiamo andando sempre più verso il poi...
RispondiEliminaA presto spero,
C.