Sento ogni giorno, da anni , la domanda: “dove sono finiti gli uomini interessanti?”. Le donne che se lo chiedono sono forse pazze, inspiegabilmente esigenti o soltanto deluse? Oppure la mancanza di uomini interessanti è un dato di fatto? E se così fosse, come rimediare?
Isabel Losada trascina e appassiona il lettore in una curiosa e particolare indagine socio-antropologica alla ricerca degli “uomini perduti”. Alla stregua di una volontaria in missione umanitaria, capitolo dopo capitolo, si lancia in curiose avventure e documenta le sue perlustrazioni. Una prosa semplice, scorrevole e spiritosa ci accompagna in una sorta di incalzante reportage a metà tra una guida turistica e un manuale d’istruzioni. Lo stile è quello di un abile comunicatore che tocca il cuore del discorso e che, grazie ad una buona dose di humour, sa smorzare i toni con simpatia quando l’atmosfera si fa troppo seria. Con ironia e spontaneità, unite a un pizzico di strategia, l’autrice si addentra nei reticoli della rete e degli incontri on line, esplora il mondo delle agenzie matrimoniali, si cimenta in corsi d’idraulica e di motociclismo, s’improvvisa operaio edile e sommozzatrice.
I suoi resoconti, redatti con piglio scherzosamente etnografico, risultano molto partecipi e colgono con sensibilità alcuni chiaroscuri umani. La scrittrice, nell’esplicito tentativo di mantenere un approccio onestamente analitico ed autoanalitico, accetta di mettersi a nudo di fronte al lettore e così facendo, con genuinità, spesso si fa interprete e portavoce dei pensieri inespressi di molti o, per meglio dire, di molte.
Il punto di partenza dichiarato è quello di un’autrice che incarna una generazione di donne “riflessive, energiche e che si definiscono spirituali; che hanno seguito, cioè, gli sviluppi di quello che un tempo chiamavano New Age Movement; hanno imparato a meditare; hanno scoperto i benefici dello yoga; seguono una dieta sana, prendendosi cura della propria salute; hanno perdonato i genitori per gli errori commessi quando erano piccole; in breve, sanno chi sono e non si aspettano certo che siano gli uomini a trovare risposte alle loro domande”.
Certo i luoghi comuni nei quali s’incappa sono parecchi e, da parte dell’autrice, scattano inevitabili le generalizzazioni, seppur introdotte da premesse, preamboli, se e ma, che sono un tarlo congenito del libro poiché si tratta del suo stesso presupposto: si parte proprio da una generalizzazione. D’altra parte, la stessa Losada ammette che i suoi sforzi non sono da considerarsi come un esaustivo, profondo e risolutivo approccio al “problema” ma sono piuttosto degli spunti di riflessione e di partenza, da prendere con relativa leggerezza. Si tratta insomma dell’ennesima conferma del credo autoriale - un ideale seguito ai suoi precedenti lavori
Voglio vivere così. Una donna alla ricerca dell’illuminazione, del 2001, e
Datemi retta, qualcosa si può fare (per cambiare il mondo) del 2006 – che, declinato in chiave di genere, inneggia al cambiamento positivo, migliorativo, all’impegno nei confronti di se stessi , della propria vita e degli altri.