19 settembre 2010

CAMMINO DI SANTIAGO

Avevo sempre sentito parlare del Cammino di Santiago de Compostela senza mai troppo approfondire. Come spesso mi capita, con i viaggi soprattutto, preferisco buttarmi dentro le cose con un balzo a piè pari quando viene il momento, e poi ci si pensa.



E così è stato quest'estate. Mi hanno dato 3 settimane di ferie all'ultimo minuto, non avevo programmi e non avevo grandi budget a disposizione. E così ho deciso di partire per la Spagna e mi sono attrezzata/informata alla "meno peggio" sulle cose base da portare a dieci giorni scarsi dalla data di partenza.
Dalla mia avevo la solita grande spinta ad andare, un ottimo "guru", l'amico Luigi Nacci, che ha fatto il cammino più volte e mi ha dato le dritte giuste prima della partenza, e un fisico abbastanza sportivo che per fortuna, nonostante i maltrattamenti che spesso gli infliggo, regge bene.
Sapevo già di voler andare da sola, non è stata una cosa sulla quale mi sono fermata a riflettere, è stata una scelta istintiva. Ed è stata la migliore, non ho avuto un solo momento di dubbio o di rimpianto.
L'unico punto dolente semmai era il limite temporale: in 21 giorni sapevo che non sarei riuscita a concludere l'intero percorso che avevo deciso di fare, ovvero il Camino Frances. E sapevo che accettare un compromesso lasciando le cose a metà, senza arrivare alla meta, oppure prendendo un mezzo di trasporto che non fossero le mie gambe, per come sono fatta, mi sarebbe costato tanto.
Però mi son detta: "intanto parto, poi si vedrà!". Volevo provarci. Non sapevo neppure se sarei stata in grado di proseguire, tanto più considerando che partivo senza un allenamento specifico e con l'unica condizione di base che qualsiasi guida o pellegrino sconsigliano: un paio di scarpe nuove! D'altra parte, di vecchie e adatte a una simile impresa non ne avevo, quindi o facevo la kamikaze o niente.
Sapevo già che avrei pagato, nel migliore dei casi in vesciche, ma quella chiamata che sento dentro ogni volta che decido di partire, come sempre, ha vinto su tutto. Paure ed esitazioni incluse.



Non ho fatto alcun piano, i miei unici vincoli erano le date di partenza e di rientro. Sono andata in agenzia chiedendo semplicemente la soluzione più economica e ne sono uscita con un biglietto di andata per il primo agosto (destinazione Pamplona) e uno di rientro da Santiago, la mattina del 24 agosto. Così, dopo un viaggio piuttosto lungo (per risparmiare, e anche perchè all'ultimo minuto non c'erano posti liberi su altre destinazioni, ho dovuto combinare treno+aereo+treno) sono arrivata nella città che Hemingway descrive nel romanzo "Fiesta" e che mi era venuta voglia di visitare leggendo il libro appena un mese prima. Un regalo ricevuto quando neppure immaginavo che sarei partita per il cammino, né tanto meno sapevo che passasse di là! Quando si dice i "casi" della vita...
Sono arrivata a Pamplona quasi alle 21 del 1 agosto. Ho trovato una sistemazione di fortuna e ho iniziato a camminare il giorno successivo, il 2 agosto. Sono arrivata con i miei piedi fino a Leon, da lì ho poi preso un treno notturno fino a Sarria e all'arrivo ho ripreso a camminare fino a Santiago e poi fino a Finisterre. E' stata l'esperienza più bella della mia vita.
E ciò che ho avuto la fortuna di vivere, se può interessare per semplice curiosità o essere utile ad aspiranti pellegrini, lo metto a disposizione tramite questo blog. Scrivetemi pure tramite commento.
Cristina


Leggi anche partire come volontaria nelle strutture di accoglienza del Cammino.

Guarda la foto gallery: Il Cammino di Santiago in immagini.

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12 marzo 2010

I gioielli del Veneto sulla Strada dell Architettura


Scorrazzando tra le pianure della Marca trevigiana, capita di imbattersi in diversi cartelli marroni che segnalano le tappe di un percorso ben preciso. Il progetto che vi fa capo, e che mette in circuito diversi luoghi di interesse disseminati nel territorio, porta il nome di "Strada dell'Architettura" e nasce in collaborazione con i Comuni del trevigiano allo scopo di valorizzare e rendere accessibile a tutti la conoscenza di alcune opere d'arte altrimenti poco visibili. Così, cartello dopo cartello, attraversando diverse cittadine e proseguendo quasi come fosse un caccia al tesoro, ci si imbatte in chiese, ville, borghi e palazzi, architetture moderne e industriali che ripercorrono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria o il Canova. E il tesoro alla fine si trova. Anzi, ce ne sono due che spiccano tra gli altri, quasi agli antipodi dell’itinerario: la monumentale Tomba Brion a San Vito e la Gipsoteca di Possagno, entrambe ad opera del grande architetto veneto Carlo Scarpa. Assieme ai moltissimi progetti redatti per residenze private, edifici commerciali e pubblici e per l'allestimento di grandi mostre, dei lavori di Scarpa ci restano in tutta Italia ben apprezzati esempi, dalla Ca' Foscari alla Fondazione Fondazione Querini Stampalia a Venezia, dalla sistemazione del palazzo Abatellis di Palermo (1953-54) al restauro del museo di Castelvecchio a Verona (1964). Il progetto realizzato a San Vito però, secondo alcuni critici, può essere considerato l’apice della sua attività. Forse perché il complesso, commissionatogli dall’industriale Brion ed eseguito tra il 1970 ed il 1975 (negli anni in cui procedevano anche i lavori al triestino Museo Revoltella) sarebbe poi diventato, come da accordi, anche la sua stessa tomba. Carlo Scarpa è sepolto in un angolo, quasi nascosto, esterno a questa sua opera che è stata dallo studioso Giuseppe Mazzariol definita «la duplicazione dei suoi occhi». Per informazioni e visite guidate (nei periodi di giungo e luglio) ci si può rivolgere alla Biblioteca Comunale di Altivole (tel. 0423 918380) oppure al custode (sig. Marcolin, tel. 0432 564200). Il monumento non è immediatamente visibile dalla strada principale. Sulla destra, bisogna cercare un signorile palazzetto settecentesco, ingrigito dal tempo e dalle intemperie, che fino a qualche mese fa ospitava l’ormai chiusa Osteria dalla Wilma, dal nome della simpatica ostessa sempre pronta a raccontare brillanti aneddoti di quegli anni in cui Scarpa si recava lì per mangiare un boccone e si soffermava a scarabocchiare un’idea per il progetto funerario che stava portando avanti. Accanto al palazzetto si snoda una stretta viuzza al termine della quale si intravede il viale di ingresso al Cimitero di Altivole, dove si trova appunto la Tomba Brion. L’acqua, elemento caratterizzante dell’opera di Scarpa, unisce tutti gli episodi architettonici di questa complessa progettazione dalle suggestioni orientali, affianca i percorsi, regala poesia alla composizione estremamente armonica, ben integrata al paesaggio circostante. Stupisce notare come il posto sia frequentato da qualche turista straniero - soprattutto dai tratti asiatici o con spiccato accento americano - che si aggira nel perimetro con tanto di guida, ma da ben pochi nostri connazionali. Molto più affollata è invece la Gipsoteca (che letteralmente significa “raccolta di gessi”) di Possagno, dove Monsignore Giovanni Battista Sartori, alla morte del fratellastro Antonio Canova, volle trasferire tutti i modelli in gesso, i marmi invenduti, i dipinti, i bozzetti e quant'altro si trovava nei magazzini dello studio romano dell’artista. Per ospitare le collezioni, consentendo a turisti e studiosi di ammirare tutte assieme le opere, Sartori decise di costruire una Galleria presso la casa natale di Canova. Apprezzata dai visitatori è soprattutto la nuova ala dell’edificio, costruita da Scarpa nel 1957 nell'alta sala a torre e nel corpo allungato che si restringe fino alla piscina delle Grazie. Qui, inondati dalla luce solare che piove dall’alto, hanno trovato adeguata sistemazione alcuni modelli in gesso di quelli che sarebbero diventati capolavori come “Amore e Psiche” e le “Tre Grazie”.

di CRISTINA FAVENTO

il Piccolo — 05 marzo 2010 pagina 34 sezione: CULTURA - SPETTACOLO RIPRODUZIONE RISERVATA

24 febbraio 2010

CON IL NASO ALL'INSU' - INTERVISTA A MARGHERITA HACK

Margherita Hack è irresistibile. Si approccia a chiunque con un candore e una semplicità disarmanti. Mentre parla del proprio lavoro, guizzi vivacissimi le attraversano i grandi occhi azzurri e sul viso le si schiude un sorriso da bambina. La sua casa triestina sembra una biblioteca, ci sono oltre ventimila volumi sparsi ovunque, tra mensole scaffali e tavolini. È qui che l'abbiamo incontrata, circondata dai suoi gatti, per il piacere di scambiare quattro chiacchiere sul mondo, visto da lei.
foto di Giulio Donini ©

14 febbraio 2010

Te quiero maso, San Valentino va in montagna

di CRISTINA FAVENTO
Le proposte last minute per un weekend romantico sono a portata di clic. Che si voglia trascorrerlo accoccolati a scaldarsi sulla neve, a farsi viziare con massaggi e trattamenti benessere a due o condividendo un momento di meraviglia con la testa letteralmente tra le nuvole, ce n’è per tutti i gusti. Gli amanti delle Dolomiti apprezzeranno l’iniziativa “Te quiero maso”, lanciata dal Consorzio turistico dell’Alta Pusteria per trascorrere un San Valentino intimo e dedicato al gusto in uno degli splendidi masi altoatesini. Questo weekend, infatti, diverse strutture organizzano dei veri e propri laboratori enogastronomici e dei tour golosi per esaltare i sapori dell’amore. A Dobbiaco, per esempio, si possono provare il pane con erba trigonella e i coloratissimi cuscinetti aromatici riempiti di spelta di farro e grano del maso Feichter (www.brotklee.it) oppure i saporiti formaggi del Waldruhe (www.villa-waldruhe.it). Ma ce ne sono anche tanti altri, ciascuno con le sue unicità e tutti accomunati dall’operosità, dalla dedizione per la tradizione contadina e dalla genuinità dei prodotti. Per scegliere il proprio nido d’amore basta consultare il sito del Consorzio (www.altapusteria.info) e individuare la struttura più vicina alla propria zona d’interesse. Ogni opzione è corredata di un’ampia galleria fotografica e da informazioni sui prezzi (che variano da 30 euro a 80 euro al giorno a persona), con possibilità di verificare la disponibilità della struttura e di prenotare direttamente online. Se invece vi alletta l’idea di una passeggiata sulla neve al chiaro di luna - comodamente raggomitolati su una slitta trainata dal cavallo - coronata da una cenetta a lume di candela nei caratteristici ed accoglienti alberghi in legno e pietra della Carnia, potete optare per “Due cuori e una slitta”. Trattasi di una speciale offerta (dettagli su www.carnia.it) dedicata agli innamorati che il 14 febbraio volessero immergersi in una delle valli più tranquille del Friuli Venezia Giulia, ideale anche per chi ama sciare lontano dalla ressa, magari facendo tappa in un rifugio per gustare gli ottimi piatti della cucina locale. I due maggiori comprensori sciistici - quello dello Zoncolan, al quale si accede salendo da Sutrio e da Ravascletto e quello del Varmòst a Forni di Sopra – offrono prezzi competitivi per gli ski-pass, poco coda agli impianti di risalita e garanzia di neve grazie alle particolari condizioni geoclimatiche e agli impianti di innevamento programmato. Più adatte alle famiglie sono le piste di Sauris, dove è possibile fare splendide escursioni di scialpinismo e fuoripista, oppure percorrere i lunghi anelli da fondo. Per un dopo-sci rilassante, infine, l’ideale è Arta Terme che nello stabilimento offre wellness, piscine termali, trattamenti tonificanti e rivitalizzanti. Sempre in regione, ci si può concedere la piccola follia di festeggiare il giorno degli innamorati nel castello friulano amato da Giacomo Casanova, a Capriva, che nel parco all’italiana e nei grandi saloni trascorse alcune giornate fra arte e mondanità. Al maniero di Spessa (www.paliwines.com), raffinata residenza d’epoca nel cuore del Collio che dispone di diverse suite, questo weekend le coppie saranno vezzeggiate con atmosfere da favola e prelibatezze da grand gourmand, degustando vini che il celebre amatore settecentesco non esitò a definire nelle sue Memorie “di qualità eccellente”. Per toccare davvero il cielo con un dito, infine, si può anche dichiarare il proprio amore volteggiando a bordo di un bel pallone aerostatico rosso e a forma di cuore. In occasione di San Valentino, infatti, gli innamorati più avventurosi avranno l’opportunità di spiccare il volo o addirittura di prenotarsi per una promessa di matrimonio in alta quota (gli orari vanno dalle 9 alle 15, tel. 0522/615089, www.comune.carpineti.re.it) grazie a “Mongolfiere Innamorate”, iniziativa organizzata a Carpineti, in provincia di Reggio Emilia, nell’ambito del nono raduno internazionale aerostatico che va dal 13 al 21 febbraio.
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Piccolo — 11 febbraio 2010 pagina 29 sezione: CULTURA - SPETTACOLO

06 febbraio 2010

Carnevale in Slovenia all'insegna della tradizione

di CRISTINA FAVENTO

La Slovenia si appresta a vivere un Carnevale all’insegna della tradizione. Per celebrare il periodo più colorato dell’anno, le diverse regioni slovene vantano una grande varietà di maschere e di riti tramandati da generazione in generazione. Tra le figure più caratteristiche, spiccano bizzarri nomi slavi come i pozvacin del Prekmurje, le šeme di Kostanjevica e gli škoromat dei Brkini fino alle mackare di Dobrepolje. Famose sono le streghe di Cernica e i laufari di Cerkno, figuranti che portano in testa maschere di legno dette appunto larfe. Gli abitanti di Dreznica, invece, riesumano i “psti”, gli antichi costumi fatti con pelli di pecora e strisce di stoffa colorate, per dare vita a una battaglia a suon di cenere. Le maschere più popolari della Slovenia, però, rimangono i kurent (o korant) di Ptuj, molto simili ai krampus che sfilano nel corso delle festività natalizie in Austria e nella nostra regione.
Durante il Carnevale, nelle piane di Ptujsko e Dravsko polje e delle Haloze, i kurent si muovono in gruppo di casa in casa, accompagnati da altre figure burlesche. Spaventano gli spiriti maligni con il rumore dei campanacci e con bastoni che portano sulla cima aculei di porcospino. Sono vestiti con elaborati costumi assemblati con pelli e pellicce di pecora e cinti da una catena dalla quale, oltre ai pesanti campanacci, pendono i fazzoletti che originalmente servivano a conquistare le simpatie delle ragazze. Una volta, infatti, questo travestimento poteva essere indossato solo da giovani ragazzi non sposati. Oggi, invece, l’abitudine di mascherarsi coinvolge anche uomini già maritati, donne e bambini, perché i kurent sono ormai una sorta di popolare emblema nazionale. Figurano sui francobolli, partecipano a molte manifestazioni folcloristiche e possono essere ammirati per tutto l’anno nell’apposita sezione del museo ospitato nel castello di Ptuj.
Cacciatori magici dell’inverno, rappresentano un’incarnazione dionisiaca, a celebrazione dei sovvertimenti carnevaleschi. Da qui l’aspetto spaventoso del costume, corredato da tremende maschere rosse e da copricapo ornati di corna, penne e nastri variopinti. Il caratteristico passaggio dei figuranti, che suonano con energia i loro campanacci e travolgono allegramente i centri abitati, in sloveno viene chiamato “kurentovanje”.
Il più grande viene organizzato ogni anno, dal 1960, il sabato grasso a Ptuj, la più antica città del Paese. Piccolo gioiello architettonico circondato da colline e vigneti, la cittadina è cinta da alte mura e romanticamente attraversata dal lento fiume Drava. Oltre ai due monasteri e al castello (dove si trova il Museo regionale che custodisce reperti sulla ricca storia della città e dei suoi signori), spicca nell’agglomerato di impianto medievale il Municipio, ricostruito all’inizio del ventesimo secolo sulle fondamenta di un edificio tardo-gotico. Il kurentovanje di Ptuj (informazioni in inglese su www.kurentovanje.net/en) è la più grande manifestazione culturale-etnologica in Slovenia e ogni anno viene seguita da più di centomila persone. Dura alcuni giorni e, accanto ai kurent e a maschere più moderne, ripropone anche altre figure carnevalesche tradizionali e antichi usi e costumi slavi.
Dai paesini circostanti, ad esempio, arrivano gli aratori, che nei secoli passati propiziavano un buon raccolto con i primi solchi, accompagnati dalla “rusa” (maschera che rappresenta genericamente animali quadrupedi o bipedi), dal diavolo, i nonni, gli zingari, le fate e dai “ploharji”, che devono trascinare una trave attraverso il villaggio.
L’edizione 2010 del kurentovanje, la 50ª consecutiva, sarà celebrata da un ricco programma che vivacizzerà le vie e le piazze della cittadina dal 6 al 16 febbraio, con performance di teatro di strada, concerti ed esibizioni artistiche. La sera sono previsti divertimenti e feste in maschera, con esibizioni di gruppi popolari, nonché di gruppi musicali locali ed esteri. La manifestazione raggiungerà l’apice domenica 14 febbraio, con il tradizionale corteo carnevalesco internazionale dove sfileranno centinaia di chiassosi kurent, per concludersi martedì grasso, quando il Pust (Carnevale) verrà sepolto.
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il Piccolo — 04 febbraio 2010 pagina 29 sezione: CULTURA - SPETTACOLO

22 gennaio 2010

MIRA CALIX A CATODICA - 28 gennaio 2010 al nuovo ETNOBLOG


When I was a little kid my mother told me not to stare into the sun. So once when I was six, I did. (da “Pi”, di Darren Aronofsky)

Giovedì 28 gennaio, ore 21 e 30, presso il nuovo Etnoblog di Riva Traiana 1 (Trieste), Catodica 5 fissa il sole con il live set audio/visual di Mira Calix, storica artista Warp Records (Aphex Twin, Autechre, Boards Of Canada, Squarepusher, LFO, Battles...) che ha unito il nuovo sound della label nata a Sheffield alle avanguardie e alla classica. Anche a Trieste, dunque, si festeggia il ventesimo compleanno della Warp, etichetta che negli anni ’90 del secolo scorso ha segnato indelebilmente la musica elettronica, associandola a un linguaggio visivo spiazzante, provocatorio e d’impatto. Chantal Passamonte (Mira Calix), inoltre, nasce come fotografa e ha preso parte a numerose iniziative multimediali: nessuno di più adatto all’edizione 2010 della rassegna internazionale di video-arte a cura di Maria Campitelli.

Per info: www.catodica.it

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Mira Calix (Chantal Passamonte) compone e produce musica sotto le insegne Warp Records, etichetta per la quale ha pubblicato quattro album, dei quali il più recente è Eyes Set Against The Sun (2007).
Ha cominciato la propria avventura musicale col djing, suonando a innumerevoli serate per club e a supporto di diversi tour, aprendo per diversi artisti, da Radiohead a Boards Of Canada. Il suo stile unico e aperto l’ha portata a molti festival, inclusi il SONAR, Glastonbury e il Faster Than Sound. È apparsa a tre All Tomorrow’s Parties (prestigioso festival inglese curato ogni anno da celebri musicisti e band). Nel 2002 ha suonato al Musica Festival di Strasburgo con Steve Reich, tornando l’anno successivo al fianco di Stockhausen. A inizio 2004 le viene commissionata la musica per un’installazione presso il conservatorio di Barbican (Londra), in occasione della riapertura della famosa galleria d’arte. A settembre di quell’anno, questo pezzo è stato pubblicato assieme a “Nunu”, una collaborazione con la London Sinfonietta e… con uno sciame di insetti vivi (!). La prémiere di “Nunu” ha avuto luogo presso la Royal Festival Hall e successivamente il pezzo ha girato l’Europa, con performance al Concergebouw, al Paraca Della Musica e alla Mariinsky di Mosca. Nel 2005 Mira Calix è entrata a far parte di un nuovo progetto, chiamato Alexander’s Annexe, assieme alla pianista Sarah Nicholls e a David Sheppard, il cui debutto live è stato al Ravello Festival. Chantal performa il proprio materiale, ma lavora spesso su commissione (alcuni dei committenti: Royal Shakespeare Company, Opera North, Manchester International Festival). The Elephant In The Room, un disco contenente tre di questi lavori, è uscito per la Warp nel 2008.

Nel 2009 Mira Calix ha vinto il British Composer Award per la sua composizione “My Secret Heart”, nella categoria “community and education category”. “My Secret Heart” è una commissione ricevuta da un ente di carità per i senzacasa, Streetwise Opera (www.streetwiseopera.org), allo scopo di dar vita a un’installazione audiovisiva assieme al video artist Flat-e e (di nuovo) al sound designer Dave Sheppard. Hanno lavorato con cento performer della Streetwise, provenienti da tutto il Regno Unito, per creare qualcosa di unico. Il pezzo è ispirato all’opera corale dell’Allegri (1582-1652) “Miserere Mei”.

www.catodica.it

Dal 22 al 28 gennaio 2010

13 gennaio 2010

ALICE GUARDA I GATTI...


Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole
mentre il mondo sta girando senza fretta
Irene al quarto piano è lì tranquilla
che si guarda nello specchio
e accende un'altra sigaretta
e Lili Marlene, bella più che mai
sorride e non ti dice la sua età
ma tutto questo Alice non lo sa
"Ma io non ci sto più!"
gridò lo sposo e poi
tutti pensarono dietro ai cappelli
lo sposo è impazzito oppure ha bevuto"
ma la sposa aspetta un figlio e lui lo sa
non è così che se ne andrà
Alice guarda i gatti e i gatti muoiono nel sole
mentre il sole a poco a poco si avvicina
e Cesare perduto nella pioggia
sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina
e rimane lì a bagnarsi ancora un po'
e il tram di mezzanotte se ne va
ma tutto questo Alice non lo sa
E io non ci sto più
e i pazzi siete voi...
Alice guarda i gatti e i gatti girano nel sole
mentre il sole fa l'amore con la luna
e il mendicante arabo
ha un cancro nel cappello
ma è convinto che sia un portafortuna
non ti chiede mai pane o carità
e un posto per dormire non ce l'ha
ma tutto questo Alice non lo sa
"Ma io non ci sto più"
gridò lo sposo e poi...
Francesco De Gregori