25 febbraio 2008

I DISEGNI DI MAX ERNST alla CASA DEL PALLADIO a VICENZA


È sempre interessante sbirciare tra i disegni di un grande artista, si ha quasi l’impressione di curiosare tra gli appunti più intimi di un diario, di afferrare il senso dell’opera compiuta che verrà, o che già ha lasciato il segno. La ghiotta occasione, questa volta, ce la offre fino al 9 marzo una piccola e significativa mostra allestita a Vicenza nella Casa del Palladio: “Max Ernst, opere grafiche”. In esposizione ci sono circa venti lavori del pittore e scultore tedesco che ripercorrono, tra acquetinte, acqueforti, linoleumgrafie e “puntasecca”, sessant’anni di carriera e vanno dal 1911 al 1970 circa.

Ernst (1891-1976), dopo essersi laureato in filosofia e storia dell’arte, si avventura alla scoperta del disegno e di quelli che presto saranno tra i più significativi riferimenti del suo bagaglio artistico e culturale: l’arte di Giorgio De Chirico, la psicanalisi di Freud, l’esperienza diretta fatta negli ospedali psichiatrici, il trasferimento a Parigi e la svolta surrealista. L’artista è, infatti, uno dei cofirmatari del Manifesto del movimento redatto da Andrè Breton nel 1924 ed è stato uno degli esponenti più attivi del Surrealismo.
Con questa mostra ad ingresso libero, che ripropone solo una parte della grande collezione esposta nel 1997 al Museo Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam di San Paolo nel Brasile, il Comune di Vicenza rende omaggio ad uno degli artisti più originali ed innovativi del Novecento, definito da Man Ray come colui che "Ha ficcato un dito nell'occhio della storia e ha dato un calcio nel sedere alla pittura!".
Il lavoro di Ernst, infatti, ha scosso le certezze di una stanca arte d'inizio secolo, non solo attraverso la revisione delle modalità poetiche della produzione artistica, ma anche con il superamento delle tecniche pittoriche della tradizione. Nel 1954 l'artista, ormai conosciutissimo, vince il primo premio alla Biennale di Venezia grazie anche all’invenzione del “frottage” una tecnica pittorica che ha come base un comune gioco grafico e che diventa, nelle mani dell'artista, uno dei più seri esperimenti in arte di tutto il Novecento. Alcuni esempi di questa tecnica si ritrovano anche nella mostra vicentina.Negli ultimi anni Max Ernst lavorò quasi unicamente con la scultura, ma uno dei suoi ultimi affascinanti capolavori, del 1964, è un omaggio alle scoperte e ai misteri intravisti nella stagione del surrealismo: “Maximiliana ou l'exercise illegal de l'astronomie", un libro interamente composto di segni astratti che simulano linee di scrittura e sequenze di immagini.
La mostra, aperta tutti i giorni dalle 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30, è anche un'occasione per riscoprire gli splendori di Vicenza, un museo a cielo aperto che celebra la grandezza del periodo rinascimentale italiano.

La Casa del Palladio, ideata dall’architetto ma da lui in realtà mai abitata, fu costruita tra il 1560 ed il 1570 per il notaio Pietro Cogollo e rientra tra i monumenti tutelati dall’Unesco. L’edificio presenta una struttura forte e pulsante al piano terra, più raffinata e lieve al piano nobile, fino ad alleggerirsi graziosamente nella parte sommitale. La superficie centrale, come quella dell'attico, un tempo era decorata da affreschi di Gian Antonio Fasolo.

21 febbraio 2008

BELLA SARÀ LA MORTE DELL'EUROPA, di LUIGI NACCI

Bella, oh, bella sarà la morte dell’Europa,splendida come una regina tra gli orisi stenderà nella bara dei secoli oscuri.Perirà in silenzio. Così chiudegli occhi d’oro una vecchia regina.Tutto è estasi, estasi di morte!
Srečko Kosovel, Estasi di morte

«Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece che restringerli (…). La vita di tutti gli uomini è attraversata da sogni a occhi aperti, una parte dei quali è solo fuga insipida, anche snervante, anche bottino per imbroglioni; ma un’altra parte stimola, non permette che ci si accontenti del cattivo presente, appunto non permette che si faccia i rinunciatari (…). Unicamente quando una società invecchiata è in decadenza, come oggi quella occidentale, una certa intenzione parziale e transitoria va solo verso il basso. Allora in quelli che non riescono a tirarsi fuori dalla decadenza la paura si antepone alla speranza e anzi la combatte».
Così scrive Bloch nella premessa a Il principo speranza. Ed è con tale afflato che a mio parere va affrontata la questione europea (un afflato che bisognerebbe estendere a tutti i campi dell’esperienza): non guardare indietro, alle guerre che per secoli hanno attraversato le nostre terre, né agli anni forieri di trattati comuni, né alle crisi e gli stermini balcanici di fine Novecento, né all’allargamento/ingrassamento (oggi a 27 membri, domani?). Non dobbiamo, come ci dice Bloch, ripiegarci platonianamente nella contemplazione di ciò che è stato (conoscere è ricordare), né farci lusingare dal (facile) fascino maudit del Nulla, né allo stesso tempo possiamo protrarre all’infinito il nostro sognare: l’Utopia, questo nessun luogo che meriterebbe spazio/spazi nelle mappe, è lo squarcio che lacera il nostro quotidiano e ci proietta nella reale essenza (non statica, ma in continua trasformazione, proprio come ci avverte il messaggio evangelico: dobbiamo imparare non a essere, ma a diventare fanciulli) delle nostre esistenze.

12 febbraio 2008

RACCONTARE CON IMMAGINI E MUSICA, INTERVISTA A CHIARA CARMINATI

Oggi alle ore 15, alla biblioteca Quarantotti Gambini, Chiara Carminati presenterà “Quadri di un’esposizione”, il suo ultimo lavoro dedicato all’infanzia. Illustrato da Pia Valentinis, il libro propone una nuova traduzione in forme e colori dell’opera di Modest Mussorskij. All’incontro con l’autrice, intervallato con musica dal vivo, seguirà al Teatro Miela (ore 21) lo spettacolo “Map, la prima carta del mondo”. Domenica 17, alle ore 17, sarà la volta di “Parole Matte”, incontro di musica, filastrocche e poesia, mentre alle ore 21 seguirà “Taccuino Sudamerica, storie di sogni, sorprese e sorrisi” dai racconti di Eduardo Galeano.
Accompagnata dai musicisti Giovanna Pezzetta e Leo Virgili, voce narrante degli appuntamenti, tutti organizzati nell'ambito della “Settimana della Linea Armonica”, sarà sempre Chiara Carminati. “Come racconto ai bambini, il mio lavoro è come un albero: ha un tronco unico - l'amore per le parole, i libri, le storie - che si sviluppa in tanti rami” svela l’autrice, attrice e giornalista “Nei laboratori si gioca con la poesia, si esplorano i libri per bambini e ragazzi presenti nelle biblioteche. Gli spettacoli sono delle letture ad alta voce, amplificate dalla musica e dalle immagini. Scrivere libri è un altro modo ancora di raccontare, che fa viaggiare le parole nello spazio e nel tempo”.
Come avviene il passaggio dal testo alla messinscena?
Per noi la messinscena è il testo. Non sentiamo il bisogno di un regista, consideriamo la nostra attività non come uno spettacolo teatrale, quanto come un lavoro di gruppo su parole, musica e immagini, ma è prima di tutto il testo quello che vogliamo far passare.
Resta, però, fondamentale l'anima musicale...
La poesia è musica fatta con le parole. L'incontro con i musicisti della Linea Armonica mi ha insegnato tantissimo. Assistere alla nascita e trasformazione musicale dei nostri spettacoli, mi ha aiutato anche nella "traduzione" in versi e storie delle musiche di Vivaldi, Saint-Saens e Mussorskji.

Che cosa vi preme trasmettere al vostro pubblico?
Vogliamo dare un'occasione giocosa di ascolto a grandi e bambini insieme. Uno spazio calmo da concedere all'immaginazione. Oggi i bambini sono abituati ad un ascolto molto visivo, passivo, noi vogliamo, invece, stimolarli ad un ascolto più creativo.

Perché proprio i testi di Eduardo Galeano?
È stato un incontro fulminante. I suoi racconti sono eccezionali per brevità e forza espressiva. Riescono a coniugare ironia e denuncia, sempre con molta consapevolezza.

di Cristina Favento,
articolo pubblicato su Il Piccolo di martedì 12 febbrario 2008

MOSTRE DI PITTURA E FOTOGRAFIA A BOLZANO: DONNA IN ROSSO e ON VERRA BIEN

BOLZANO. Prosegue fino a fine marzo la mostra “Donna in rosso, Tullia Socin e le Biennali di Bolzano” allestita al Museo Civico. L’evento espositivo, ideato dal “Circolo Culturale La Stanza” e curato da Carl Kraus, affronta per la prima volta in maniera organica e completa lo svilupparsi dei movimenti artistici e culturali che hanno interessato soprattutto il territorio trentino-tirolese tra il 1922 e il 1942. Sono riproposte e analizzate le Biennali d'arte che vennero organizzate a Bolzano in quel periodo attraverso una lettura nuova e distaccata dell’intenso movimento, in bilico tra rinnovamento, tradizione e ideologia, che si andava in quegli anni sviluppando.

“Patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e ad ingresso gratuito” - afferma l’organizzatore Pietro Marangoni, presidente del Circolo Culturale La Stanza - “la mostra è interessante non solo per le significative opere che presenta, ma per le finalità di rilettura artistica e culturale di una intera epoca, che ha caratterizzato e inciso profondamente la vita culturale del nostro paese e dei suoi personaggi”. Accanto a nomi oggi noti a livello internazionale quali Fortunato Depero, Luigi Bonazza, Umberto Moggioli ed Ettore Sottsass, che presentarono le loro opere alle Biennali bolzanine, ci sono gli artisti e maestri locali Albin Egger Lienz, Carl Moser, Hans Piffrader, i fratelli Stolz, solo per citarne alcuni. Protagonista delle Biennali di Bolzano fu anche Tullia Socin, della quale quest’anno ricorre il centenario della nascita. Proprio all’artista bolzanina, che culturalmente caratterizzò in maniera sintomatica quegli anni, la mostra rende omaggio facendo proprio il titolo di una significativa opera del 1935, “Donna in rosso”, conservata oggi al Museo Civico.

In questi giorni, a Bolzano, presso la galleria Foto-Forum di via Weggenstein, c’è anche “On verra bien”, la personale del fotografo svedese Christer Strömholm, scomparso nel 2002 e noto soprattutto per i suoi ritratti poco ortodossi, che celebrano come cuore della sua ispirazione una certa Parigi libertina e bohémien. La sua carriera prende forma a metà degli Anni Cinquanta quando iniziò a fotografare travestiti e transessuali nel quartiere di Pigalle, dove tornò ripetutamente per anni facendo riprese che testimoniano grande rispetto e crescente familiarità con quel mondo. Strömholm è riuscito a mantenere una sorta di anticonformismo autoriale, trasformando nel suo tema personale l’identità mutevole di chi gli stava di fronte.

Il suo non è uno sguardo da voyeur, l’artista sembra piuttosto relazionarsi con la persona posta davanti all’apparecchio fotografico, giocando con ruoli che gli servono anche per interrogare e mettere alla prova se stesso. I suoi allievi ne parlavano come di un uomo di poche parole. Pare chiedesse soltanto immagini a fuoco fino ai bordi, nonostante lui poco si curasse degli aspetti prettamente tecnici. I suoi scatti sembrano colti intuitivamente e le sue immagini, quasi sempre istantanee, risultano quasi grezze, spesso piuttosto scure. La luce disponibile doveva bastare a fissare la persona per come si svelava al momento. Per catturarla, Strömholm era disposto ad oltrepassare i confini della fotografia e del visibile.

di Cristina Favento,
articolo pubblicato su "Il Piccolo" di venerdì 8 febbraio 2008

08 febbraio 2008

PEDALANDO ALLA SCOPERTA DI PADOVA

I più sportivi hanno la possibilità di scoprire Padova pedalando attraverso curiosi itinerari organizzati ogni domenica, fino al 2 marzo, dall’associazione “Amici della bicicletta” (tel. 338 1812519). I percorsi sono facili e prevedono circa 10 chilometri ciascuno. Ad accompagnare i ciclisti ci sarà un cicerone su due ruote che li guiderà attraverso insolite esplorazioni tematiche della città. I prossimi appuntamenti sono: 10 febbraio, “Portoni, cancelli e campanelli” a cura di Pier Giovanni Zanetti e dell’associazione "Lo Squero" di Padova; 17 febbraio, "Sulle tracce degli uomini illustri", a cura di Renzo Fontana e Italia Nostra; 24 febbraio, "Le piazze dal Sud al Centro", a cura di Gabriele Righetto e Legambiente; 2 marzo, "Le piante negli orti e nei chiostri", a cura di Maria Pia Cunico, docente all’Università di Venezia. Salvo annullamento in caso di maltempo, ogni domenica il punto di partenza è Prato della Valle, di fronte all'ex Foro Boario, alle 9:30 con ritorno previsto per le 12:30. L’iniziativa è aperta a tutti ed è gratuita.


di Cristina Favento,
articolo pubblicato su "Il Piccolo" di venerdì 8 febbraio 2008

SGUARDI INTERIORI A PADOVA

PADOVA. L’universo femminile e la sua complessità sono protagonisti di una bellissima mostra fotografica che sarà inaugurata questa sera a Padova. L’iniziativa, ospitata nella Galleria Sottopasso della Stua di Largo Europa fino al 22 marzo, s’intitola “Sguardi interiori” e raccoglie i lavori di alcune artiste che non hanno bisogno di grandi presentazioni: Marina Abramovich, Vanessa Beecroft, Isabella Bona, Giulia Caira, Silvia Camporesi, Tea Giobbio, Nan Goldin, Mona Hatoum, Barbara La Ragione, Mara Mayer, Shirin Neshat, Pipilotti Rist e Cindy Sherman.La mostra, curata da Enrico Gusella, s’inserisce nella serie “Racconti di donne” e indaga dinamiche e vicende di una quotidianità legata tanto alla corporeità quanto alle relazioni interpersonali. È un variopinto ritratto collettivo che cattura una dimensione esistenziale, oltre che personale e individuale, filtrata attraverso l’esperienza del femmineo. Le artiste mantengono i personalissimi approcci estetico espressivi ai quali ci hanno abituato, chi insistendo sul ritratto, utilizzando il mezzo fotografico come strumento di comprensione dell’umano; chi sul corpo, attingendo a una dimensione “teatrale” per tracciare una personalità in fieri; chi sul concetto di tempo e spazio, scardinando le leggi del “hic et nunc” per generare immaginifici mondi possibili.

Fra i lavori in mostra, in particolare, spicca il ricorso frequente al travestimento, alla metamorfosi e all’ibridazione. Anche al primo sguardo, s’intuisce un comune interrogarsi sull’interpretazione, oggi, di un’identità al femminile. Emerge un’intensità caotica e ambigua e l’impressione d’insieme si fa opaca, sfocata. Si gioca molto sullo sgretolarsi di luoghi e confini, le figure si trovano al limite della riconoscibilità, su una contaminazione a tratti armonica, a tratti straniante. Scatti a testimoniare una consapevolezza del cambiamento che si fa necessità di trasformazione.

Anche Padova, prestigiosa sede universitaria e custode di numerose testimonianze di un glorioso passato artistico e culturale, sembra essere una città turbata dai cambiamenti, a cominciare dal suo tessuto sociale e dal suo mutevole volto architettonico. L’impianto urbano della città, infatti, è fortemente condizionato dalla presenza di numerosi corsi d'acqua, formati dall'intrecciarsi delle acque del Bacchiglione e del Brenta, che regalano ai passanti piccoli preziosi scorci. Negli anni Novanta, dopo le opere di interramento realizzate nei decenni precedenti, si è assistito ad un recupero delle vie d'acqua cittadine, ora nuovamente percorse da imbarcazioni.
Tanto per limitarci all’area cittadina della provincia, sono interessanti da visitare la cosiddetta zona delle Piazze, cuore economico e culturale; l’antica area del Ghetto ebraico; la deliziosa chiesa di San Nicolò; il Palazzo del Bò, sede dell’Università; il Castello Carrarese, dove si possono apprendere storia e struttura delle antiche prigioni; la piccola chiesa di Santa Caterina, che conserva le spoglie del violinista Tartini, e l’Oratorio della Confraternita di S. Rocco splendidamente affrescato, esempio del fiorire cinquecentesco dell'arte in città. Una delle principali mete turistiche resta naturalmente la Basilica del Santo, dedicata a Sant’Antonio, francescano portoghese amatissimo dai fedeli e protettore della città veneta dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Tra le vastissime aree verdi di Padova, segnaliamo gli storici Giardini dell’Arena, con la Cappella degli Scrovegni e l'Anfiteatro romano. Piacevole è anche passeggiare lungo la Via Altinate sbirciando tra le sue botteghe.

Tra le più significative vestigia dell'illustre passato cittadino, resta apprezzabile, purtroppo solo in parte, la doppia cinta muraria che ne testimonia la struttura medievale. Meglio conservata è la cinta cinquecentesca, notevole esempio di architettura militare veneziana. Della parte trecentesca, complesso difensivo risalente per lo più alla signoria dei carraresi, sono oggi chiaramente ravvisabili soprattutto la porta Altinate e quella su ponte Molino.

di Cristina Favento,
articolo pubblicato su "Il Piccolo" di venerdì 8 febbraio 2008

07 febbraio 2008

INVERNO

Ringrazio l'autore di questa foto che ho trovato navigando qua e là, se sapessi chi è l'avrei citato...

06 febbraio 2008

Disomogenee suggestioni tratte dai testi di Mauro Corona

«Se tutti facessimo un po' più di silenzio, forse qualcosa potremmo capire». Per spiegare il suo progetto, “Storie di alberi, storie di uomini”, che ha debuttato lunedì scorso e si conclude stasera al Teatro Miela alle ore 21, Riccardo Maranzana cita proprio le parole che Fellini utilizzò nella conclusione del suo film “La voce della luna”. L’attore e regista tenta di portare a teatro un silenzio tutto suo, fatto dapprima di buio e suoni e poi via, via, intessuto di musica, voci, immagini e canto. L’idea per lo spettacolo nasce da una serata sperimentale: una lettura inscenata al rifugio Premuda, in Val Rosandra, qualche mese fa. Enormi piante per cornice, tanta natura da raccontare e molti spunti di riflessione che vengono dalle montagne friulane. Le parole erano naturalmente quelle di Mauro Corona. Maranzana, ispirato dall’esperienza e dai testi, ha iniziato allora un meticoloso taglia e cuci che ha attinto a “Il volo della martora”, “Le voci del bosco” e “Storie del bosco antico”, tutti nati dalla penna dello scrittore friulano.
I testi scelti sono permeati da una serena solitudine e caratterizzati da un’asprezza a tratti dolcissima, da una rispettosa semplicità, da precisione e conoscenze che derivano dall’assidua pratica. Corona, infatti, è anche scultore ligneo e gli alberi, la materia prima, li “frequenta” da anni, li tasta quotidianamente, ci parla addirittura. L’universo raccontato dalle voci del regista e di Franco Korosec, affiancati dal canto friulano di Claudia Grimaz e da alcuni musicisti di formazione jazzistica, è un mondo nel quale s’intrecciano vita vegetale, animale, umana, ultraterrena. Gli alberi sono protagonisti ma si parla anche di fieri boscaioli, di un’infanzia montanara ad Erto, del Vajont, del venerdì santo. L’impressione, però, è che molti dei temi trattati siano stati teatralmente poco valorizzati, che perdano d’intensità in un insieme troppo disomogeneo. Anche la bellissima voce della Grimaz finisce per formare un contrasto sbilanciato rispetto all’intimità raccolta comunicata dal testo.
Gli spunti di Corona, così restituiti, non bastano a coinvolgere completamente lo spettatore nel mondo narrato e l’insolito intervento musicale, anziché arricchire la suggestione, la turba. L'accostamento, d'altronde, è un po'ardito: non è facile immaginare un boscaiolo che, nella quiete dei boschi, si dedichi al suo lavoro di precisione facendosi guidare dalle improvvisazioni del jazz.
di Cristina Favento, pubblicato su "Il Piccolo" di mercoledì 6 febbrario 2008

04 febbraio 2008

STORIE DI ALBERI, STORIE DI UOMINI, intervista a RICCARDO MARANZANA

Dai testi di Mauro Corona, scrittore a artista friulano, nasce “Storie di alberi, storie di uomini”, una lettura con musica dal vivo in scena al Teatro Miela da domani al 6 febbraio. “Noi siamo alberi e gli alberi sono uomini”, recita una frase dell’autore, a ricordarci come il nostro destino, nel bene e nel male, sia indissolubilmente legato a quello della natura. A curare la regia del progetto è Riccardo Maranzana, che sarà anche interprete del testo assieme a Franco Korosec e Claudia Grimaz, controcanto femminile rispetto all’io narrante e “anima lunare del bosco e delle piante”.

“Ho conosciuto Corona in occasione dell’adattamento, curato con la regista Sabrina Morena, per “Il fondo del bicchiere” (tratto da “Aspro e dolce” e messo in scena al Miela nel 2006) e sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla sua disponibilità”, spiega Maranzana. “Nel testo ripercorre la sua vita e racconta le sue disavventure alcooliche, ci sono tantissime situazioni e personaggi. Il nostro adattamento prevedeva, invece, solo tre personaggi e, più che riproporre testualmente, ripercorreva le atmosfere evocate dal romanzo. Corona, contrariamente a quanto avviene di solito, ha compreso e sostenuto il nostro lavoro, non è stato geloso delle sue pagine.
Perché ha scelto nuovamente i suoi testi?
Quando Sabrina mi ha proposto il primo lavoro, ero stato convocato solo in veste di attore. La lettura del libro, però, mi ha molto colpito. Ho capito subito che si trattava di materia adatta a situazioni teatrali e mi sono appassionato ai temi dell’autore. Non si parla solo di boschi e di natura, c’è molta tragicità, che ben si presta alla vita scenica dove i conflitti sono necessari. Qualcuno ama ma non è riamato; la natura è meravigliosa ma non sempre amica; la vita è bella ma è anche terribile. Nel testo non c’è giudizio morale. Mi piacciono il rispetto, l’umiltà che Mauro può insegnare, che ci dicono le sue storie, il suo raccontarsi senza pudore, con sincerità.

Lo spettacolo sembra suggerire allo spettatore di rimanere in ascolto…
Questo è uno dei messaggi che personalmente interpeto leggendo le cose di Mauro. Ci suggerisce di attivare altri sensi, che ti avvicinano ad altre realtà. Forse è necessario fare silenzio per poter udire altro, per dare spazio ad una dimensione più spirituale. C’è bisogno di trovare una solitudine interiore che non sia malinconica o triste ma semplicemente un vuoto necessario per sentire.
Non voglio suggerire agli spettatori cosa devono pensare, mi piacerebbe, però, portarli sotto un grande albero a riposare, riportare l’atmosfera del bosco e delle piante a teatro. Non in senso fisico, non ci sarà nessun albero, neppure un ramoscello, ma solo con voci, musica e immagini, evocative per contrasto o affinità.

Che rapporto c’è, invece, tra testo e musica?
Per associazione alogica, invece di immaginare la lettura e quindi la musica come sfondo e commento, assieme ai musicisti abbiamo scelto dei pezzi che stessero assieme per sentimento. Come se le voci e la musica fossero entrambi protagonisti, a volte assieme a volte alternandosi, e portatori d’immagini. L’intento è regalare sensazioni, emozioni, provocazioni, anche grazie all’imprevedibilità jazz, ai suoi ritmi meno quadrati. Non ci sono risposte così come non ci sono nei testi di Mauro, spesso criticati per l’eccessiva semplicità che, però, è anche la loro forza.

di Cristina Favento,
articolo pubblicato su "Il Piccolo" di domenica 3 febbrario 2008

02 febbraio 2008

IL FASCINO DISCRETO DI VILLACH

Soprattutto d’inverno, Villaco ha uno charme tutto suo, discreto e particolare. La città, seconda della Carinzia dopo Klagenfurt e capitale della regione dei laghi, è attraversata dal fiume Drava, al quale deve molto della sua atmosfera romantica. Nel centro storico, che testimonia antichi trascorsi, sono interessanti da visitare la Chiesa di S. Jakob, prima chiesa protestante d’Austria; il Museo Civico e quello dei veicoli; la Casa di Paracelso; la Colonna della Trinità; il Teatro sotterraneo; il Conservatorio e la barocca Chiesa di S. Croce. Ogni visita che si rispetti attraverserà inevitabilmente la Hauptplatz, cuore commerciale della città, sulla quale si affacciano alcuni bellissimi palazzi.
Sulla sponda nord del fiume, sorge il moderno Centro Congressi, sede di convegni e conferenze ma anche di eventi come il “Villach Kirchtag”, festa popolare tradizionale; il festival teatrale “Spectrum”; l’”Estate Carinziana”, uno dei più significativi festival musicali austriaci, e del Carnevale, in corso, che culminerà nella festosa sfilata di domani con migliaia di partecipanti in arrivo da tutta la regione. A Villach è particolarmente sentita la tradizione carnevalesca, ben nota anche oltre i confini della Carinzia e celebrata soprattutto con irriverenti cabaret ed eleganti serate danzanti stile “fin de siecle”. Fra i principali balli austriaci, secondo per grandezza solo al ballo dell'Opera di Vienna, c'è anche la “Redoute” che, con oltre 6000 partecipanti, si terrà domani a Klagenfurt e sarà dedicato al tema “una festa siciliana”.
Gli abitanti di Villaco amano trascorrere le proprie serate in alcuni locali del centro ma soprattutto, proprio a fianco del Centro Congressi, nel nuovissimo e chic winebar dell’Holiday Inn, inaugurato lo scorso settembre all’insegna del comfort e del design. Un’altra tappa tipica è la storica Villacher Brauhof, che propone specialità gastronomiche tradizionali, accompagnate o addirittura cucinate a base di Villacher Bier (da provare la zuppa alla birra).
A pochi metri dal locale, a pagamento e su prenotazione, è possibile visitare l’omonimo stabilimento, con distilleria annessa, che quest’anno festeggia 150 anni di tradizione birraia. All’interno dell’edifico, allestiti negli ex magazzini di malto, vi sono anche degli spazi dedicati a esposizioni, concerti ed eventi culturali di vario genere. Su richiesta, per piccoli gruppi in visita, il birrificio organizza anche degustazioni e pranzi.
Nelle vicinanze di Villaco, fiore all’occhiello dell’offerta turistica carinziana che associa felicemente attività e relax, ci sono Warmbad e Bad Bleiberg. Ex centro minerario, quest’ultima ospita una stazione termale che comprende il Kurzentrum, le gallerie climatiche di Friedrich e Thomas, curative per chi soffre di allergie e disturbi alle vie respiratorie, e l’hotel Bleibergerhof, inclusivo di centro wellness con esclusiva spa affittabile ad ore. Warmbad Villach, centro termale conosciuto già da celti e romani, dispone di ottime strutture terapeutiche e alberghiere (l’elegante e tradizionale Warmbaderhof e il Karawankenhof, più adatto ai chi ha bimbi al seguito) e vanta una particolarissima vasca realizzata direttamente sopra la fonte termale con un bellissimo fondale di ciottoli naturali.
di Cristina Favento,
pubblicato su "Il Piccolo" di venerdì 1 febbrario 2008

QUEL CANTUCCIO INNEVATO DI CARINZIA... PARADISO DELLE CIASPOLE

Ad un passo dal Tarvisiano e dalla Slovenia, si cela un’accogliente “cantuccio” austriaco che riserva piacevoli sorprese ai visitatori invernali. La Carinzia, in tedesco Kärnten, è conosciuta soprattutto per gli splendidi laghi (Wörthersee, Ossiacher See, Faaker See) e per le sue cime innevate. Stiracchiata in una lunga valle che confina col Tirolo orientale, è abbracciata a sud dalle Alpi e a nord dalla catena dei Tauri che la separa dal Salisburghese.
Per gli amanti degli sport invernali, mete ideali sono i comprensori di Gerlitzen, Verditz e Dreiländereck, che vantano un totale di 27 impianti di risalita per 78 chilometri di piste battute con diversi gradi di difficoltà. Tutte nelle vicinanze di Villaco (Villach) e adatte a diverse discipline sportive, le strutture sono in grado di soddisfare sia gli sciatori più audaci, sia chi si accinge a indossare per la prima volta snowboard o sci.
In particolare, il comprensorio del Gerlitzen, principale area sciistica in Carinzia, grazie alla presenza di piste larghe e ben curate, pendenze dolci, impianti con accesso facilitato e buone scuole di sci, è contraddistinto dal marchio “Welcome Beginners”, che certifica le strutture ideali per principianti o per chi si rimette in gioco dopo qualche anno d’inattività. Sul monte, che raggiunge un’altitudine di 1911 metri, non mancano discese più impegnative e divertenti. Fresche d’apertura sono la nuova pista “Kanonenrohr”, paragonabile alla famosa Klosterle II di media difficoltà, la più impegnativa “Gegendtal” e la “Wörthersee”, che offre un panorama davvero stupendo. A dicembre 2007, inoltre, è stata inaugurata la Carving Jet, prima seggiovia a otto posti della regione, che copre un dislivello di 1400 metri e scorre parallela alla sottostante pista da carving Neugarten, larga 200 metri. Anche gli impianti d’innevamento artificiale sono stati potenziati per garantire, in qualsiasi condizione, uno spessore costante del manto nevoso, almeno fino al 6 aprile, quando si chiuderà la stagione sciistica.
Nel punto d’incontro tra Austria, Italia e Slovenia, sorge il monte Dreiländereck, letteralmente “dei tre confini”, che vanta una lunga tradizione per lo sci di fondo. Avrà luogo qui, il 10 febbraio, la 28esima edizione dello “Ski Tour 3”, con un percorso di 30 chilometri, da affrontare in tecnica libera, che attraverserà tutti e tre i territori. A fine corsa, gli atleti saranno debitamente rifocillati con una selezione delle migliori prelibatezze locali.
Lo skipass del Dreiländereck, purchè valido per almeno due giorni, si può utilizzare anche sul vicino monte Verditz, adatto allo sci escursionismo e dotato di una discesa lunga 8 chilometri che arriva sino a fondovalle. La rimanente zona sciistica è, però, piuttosto piccola e adeguata soprattutto ai principianti, fatta eccezione per la pista nera “Grausbirn”, consigliabile esclusivamente ad ottimi sciatori. Il Verditz offre, inoltre, una spassosa pista da slittino e una panoramica pista da fondo lunga 5 chilometri. Per gli sci alpinisti alle prime armi suggeriamo il percorso che dalla stazione intermedia, raggiungibile in macchina, sale al lago Schwarzsee (1750 m). I più allenati, invece, possono affrontare direttamente i 1000 metri di dislivello in salita partendo da Afriz e scegliendo, al ritorno, tra i diversi itinerari sicuri di discesa. Preferibilmente accompagnati da un’esperta guida locale e muniti di sci oppure di racchette da neve ai piedi (le cosiddette “ciaspole”), si possono affrontare diversi percorsi naturalistici a caccia di volpi, cincie e lepri bianche.
Paradiso indiscusso delle “ciaspolate” resta, però, il Dobratsch, ai piedi del quale si trova l’impianto di trampolini “Villacher Alpen Arena”, utilizzato anche in Coppa del Mondo per il salto con gli sci. Il monte, trasformato recentemente in uno splendido parco naturale dopo che gli impianti di risalita sono stati chiusi per tutelare le falde acquifere della zona, è molto frequentato da sci alpinisti e fondisti. La fatica per arrivare in vetta (2167 metri), viene ripagata da una spettacolare vista a 360 gradi su tutta la Carinzia.
di Cristina Favento,
pubblicato su "Il Piccolo" di lunedì 1 febbrario 2008

INDIRIZZI UTILI PER MUOVERSI IN CARINZIA

Numerosi sono i pacchetti turistici a disposizione per poter approfittare della variegata offerta turistica carinziana. Per approfondimenti e prenotazioni relative all’area di Villach-Warmbad, potete consultare il sito http://www.region-villach.at/ oppure rivolgervi all’ufficio di promozione turistica a Töbringer Straße 1; tel. +43 (0)4242/42000.
Chi vuol organizzarsi in maniera indipendente può trovar sistemazione direttamente in pista presso il Mountanin Resort “Fuerberg”, recentemente ristrutturato e situato nei pressi della cima del Gerlitzen, che comprende un hotel, 15 case alpine con 60 appartamenti, un laghetto naturale riscaldato balneabile e un moderno centro wellness.
Lungo le piste da sci si trovano diversi rifugi dove gustare un’impegnativa e saporita cucina casereccia. Quelli che offrono la miglior vista panoramica sono il Ludwig-Walter-Haus, sulla cima del Dobratsch e il Gipfelhaus sul Gerlitzen (tel: +43 (0) 4248/2881.