29 agosto 2007

LE PAROLE E LE COSE, intervista a SERGE PEY

Serge Pey è un poeta sciamano iconoclasta, che concepisce la poesia come urla, rumore, sudore. Incide i suoi testi su dei bastoni di castagno, che sono i suoi strumenti, i suoi compagni, i suoi amici.
Cinquantun anni, figlio di profughi catalani rifugiati in Francia durante la guerra civile spagnola, Pey è l'inventore della Marcia mondiale della poesia, nonché del Festival de la Poésie Directe, è animatore del gruppo di poesia e flamenco Los Afiladores e fondatore di riviste cult come Emeute e Tribu.


Le sue performances, (Nda: leggendarie quelle nella “Cave-Poésie”, il teatro di Tolosa dove l'autore si esibisce regolarmente ogni lunedì sera) sono un disperato tentativo di ricomporre quella “lingua strappata” dalla quale, come sostiene Pey nel suo saggio intitolato appunto La langue arrachée, la poesia contemporanea ha preso vita. Si tratta, sempre e comunque, di poesia sonora, a cui Pey preferisce il termine di "poesia d’azione".

I suoi versi più ipnotici si trovano nella raccolta Nierika o le memorie del quinto sole, scritta sotto l’influenza allucinogena del peyote. Si tratta di veri e propri "viaggi iniziatici" dedicati agli huicholes, gli indios di Las Latas nella Sierra Madre messicana, con i quali il poeta di Tolosa ha vissuto per un certo periodo. E dove ha appreso i segreti dei marakaame, i cantori-sciamani che evocano con le loro cerimonie il “nierika”, “un buco da fare nella materia per vedere al di là di questa e ritrovare se stessi”.

di Sarah Gherbitz

28 agosto 2007

SATURNO CONTRO, INTERVISTA A FERZAN OZPETEK


Ennesimo film, ennesimo successo per Ferzan Ozpetek che, dopo Cuore Sacro, ha recentemente presentato nelle sale Saturno Contro. Il suo sesto lungometraggio sta riscuotendo notevoli consensi al botteghino e sfoggia un eccezionale cast di attori.
Pierfrancesco Favino e Luca Argentero interpretano Davide e Lorenzo, un’innamoratissima coppia gay attorno alla quale ruotano tutte le vicende degli altri personaggi; Stefano Accorsi e Margherita Buy sono nuovamente marito e moglie ma tra loro si frappone l'avvenente amante di lui interpretata da Isabella Ferrari; Ennio Fantastichini dà un tocco tutto suo al personaggio di Sergio, ex di Davide e nullafacente; non poteva mancare Serra Yilmaz, onnipresente collaboratrice del regista, nella parte di una traduttrice tenera ma sin troppo diretta sposata col balbuziente Filippo Timi; Milena Vukotic interpreta una sfiorita infermiera. Tra tutti spicca Ambra Angiolini che, approdata quasi per caso al cinema dopo aver lavorato per radio e tv, nel complesso ruolo di Roberta, è stata una vera rivelazione. Come nelle Fate Ignoranti, sebbene questa volta i protagonisti siano di estrazione decisamente borghese, nucleo centrale della vicenda sono un gruppo di amici talmente affiatati da ricordare piuttosto una vera e propria famiglia. Una famiglia tutta particolare che, figlia della nostra epoca e di forti legami radicati nel tempo, rappresenta per i suoi umanissimi componenti una sorta di rifugio emotivo dove contano i sentimenti e non i legami formali. I personaggi sono persone che potremmo ritrovare ovunque nella vita di ogni giorno: banchieri e scrittori, fioraie, traduttrici, infermiere, poliziotti, pubblicitari e agenti immobiliari. Ciascuno, col proprio vissuto e le proprie fragilità, contribuisce a tracciare le linee di una storia che si configura come un profondo ritratto umano, ricco di sensibilità e dichiaratamente sentimentale. Ozpetek ci racconta i suoi personaggi attraverso la quotidianità, catturando con dei primi piani caldissimi le più piccole sfumature dell'animo, senza mostrare troppo, cercando di evitare la retorica, i moralismi ed i luoghi comuni. Dall'accompagnamento musicale ai movimenti di macchina, il film si snoda empatico affrontando temi forti come il lutto, la separazione, l'eutanasia, la dipendenza. Nonostante la sceneggiatura sia a tratti drammatica, i momenti peggiori vengono però volutamente stemperati con ironia e delicatezza. Più che a enfatizzare il tragico, il regista sembra perennemente attento a regalarci dettagli rivelatori ed emozioni. Il risultato non sempre è scontato e non sempre riesce così bene. Nelle immagini e nelle storie di Ozpetek emerge, seppure con grande malinconia, una straordinaria forza vitale che, nonostante tutto, riafferma la propria intrinseca bellezza.


di Cristina Favento



27 agosto 2007

AMBRA ANGIOLINI, PICCOLE REGINETTE CRESCONO

È stata una bella sorpresa la prova di Ambra Angiolini in Saturno Contro.
A soli quindic'anni l'ex conduttrice prodigio di Non è la Rai, la controversa ma pur sempre cult trasmissione televisiva ideata da Gianni Boncompagni, già monopolizzava l'attenzione dei media e di milioni di telespettatori. Sono seguiti vari esperimenti più o meno riusciti. Negli anni successivi l'abbiamo vista ancora in tv e l'abbiamo sentita cantare alla radio. Dopo una pausa di riflessione, l'abbiamo ritrovata sensibile e ironica conduttrice di un programma sul sesso in onda su Trl. Hanno fatto notizia la sua unione con Francesco Renga, ex leader dei Timoria a cui è legata da oltre sette anni, e la sua maternità.

Vedendola oggi per la prima volta sul grande schermo, l'impressione è che sia davvero cresciuta. In conferenza stampa ci troviamo davanti una donna consapevole, autoironica e spiritosa. Conquista il suo atteggiamento semplice, umile e molto disponibile. Stupisce positivamente scoprirla a tratti quasi imbarazzata e notare che, nonostante i tanti anni trascorsi a fare questo mestiere, sembra ancora conservare qualche piccola insicurezza e un certo pudore.
Eppure a tutti, tranne forse che a lei, sembra piuttosto evidente che con il film di Ferzan Ozpetek sia arrivata la svolta. Ambra ha saputo regalare umanità e freschezza al complesso personaggio di Roberta e la sua è stata un'interpretazione che certo non resterà inosservata.


di Cristina Favento
foto di Giulio Donini

24 agosto 2007

BALKANI, antiche civiltà fra Danubio e Adriatico. Un week end a Rovigo

ROVIGO. Ad Adria piccoli grandi tesori raccontano la nostra storia. Inaugurata lo scorso luglio, la mostra “Balkani, antiche civiltà fra il Danubio e l’Adriatico” è un’occasione imperdibile per lasciarsi affascinare dagli splendori del passato. Sono 250 le opere esposte, visitabili sino al 13 gennaio 2008: reperti di raffinata fattura realizzati in oro, argento, bronzo, ferro e ceramica.
Di estremo interesse risultano le raccolte archeologiche provenienti dal Museo Nazionale di Belgrado, chiuso fino al 2010 per un radicale restauro, esposte per la prima volta al di fuori dei territori dell’ex Jugoslavia. In via eccezionale, sono state dunque concesse in prestito non le opere minori bensì quelle di maggior interesse e valore, custodite fino ad oggi in camere blindate dai tempi dalla recente guerra degli anni ’90.
Vale ben la pena una visita per ammirare i capolavori della collezione greca e romana, che include soprattutto sfarzosi manufatti realizzati tra Atene e Sparta. Tra questi, la “Maschera di Trebenište”, come la celebre “Maschera di Agamennone” di età micenea, destinata a modellare in oro le fattezze del principe e a immortalarle per l’eternità; due vivissimi, grandi satiri in bronzo di fattura ellenistica del secondo secolo avanti Cristo e l’incredibile tesoro ritrovato casualmente nel 1957 nei pressi di Novi Pazar, in un luogo considerato sacro e inviolabile, nascosto nei secoli sotto alla pavimentazione di una chiesa altomedievale.
La mostra, supportata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Ambientali, intende essere anche un tributo per ricordare il ruolo di una città tanto importante da dare il suo nome a un mare e di un territorio ricchissimo di insediamenti, alcuni dei quali oggi oggetto di scavo.
La grande esposizione, infatti, celebra anche l’apertura, attesa da cinque anni, della ricchissima Sezione Etrusca del museo che la ospita: il Museo Archeologico Nazionale di Adria, oltre che ampliato, in questi anni completamente rinnovato. La nuova Sezione Etrusca, che si unisce al Lapidario recentemente inaugurato, presenta un’accurata selezione degli oltre 60 mila reperti di epoca preromana conservati ad Adria. Tra ceramiche, bronzi, ambre, spiccano la celeberrima “Tomba della Biga”, un unicum a livello mondiale, e il cosiddetto “Magnifico Cratere”, capolavoro della toreutica greca, “soffiato” per l’occasione al Metropolitan Museum di New York, che intendeva presentarlo al pubblico d’oltreoceano nel 2007.
Tutto intorno alla mostra e al museo rinnovato c’è un territorio paesaggisticamente tra i più affascinanti d’Europa, il Parco Regionale Veneto del Delta del Po. Natura, storia, tradizione, cultura e arte s’intrecciano, offrendo al visitatore un paesaggio inedito e sorprendente nel quale si distinguono vari ambienti dalle caratteristiche peculiari: la campagna con i paleo alvei, le dune fossili, gli argini, le golene, le valli da pesca, le lagune o sacche e gli scanni. L’area è un immenso intrico d’acque e terre, spiagge e lagune che compongono un’area naturalistica unica al mondo, da scoprire in auto, in barca, in bicicletta, a cavallo o, come fece Dante secoli fa, a piedi.
Gli itinerari possibili sono moltissimi: oltre alla Cattedrale, al Teatro Comunale e alla Basilica della Tomba ad Adria, si possono visitare l’importante sito di San Basilio, la sua chiesetta romanica e le peculiari dune fossili. Si possono fare escursioni in barca alla Sacca del Canarin, alla Laguna del Basson e a Scano Boa. Per gli amanti dell’architettura una soluzione isolita ma interessante è la visita delle vecchie corti padronali del ‘700 e ’800 (basti pensare al film “Novecento” di Bertolucci).
Per assaporare la cucina locale, il ristorante “Stella del Mare” e il ristorante “Molteni”, ineccepibile nella preparazione e nella qualità delle materie, offrono piatti di pesce, selvaggina e carne, accompagnati da una ricchissima scelta di vini.
Sconfinando nella vicina Emilia Romagna, consigliamo vivamente una pausa caffè a Mesola, alla corte dello splendido castello del 1578, antica dimora degli Estensi.

di Cristina Favento

pubblicato su "Il Piccolo" di venerdì 17 agosto 2007

ROVIGO e “BALKANI, antiche civiltà fra Danubio e Adriatico” - Informazioni utili

La mostra “BALKANI. Antiche civiltà fra Danubio e Adriatico” è allestita al Museo Nazionale Archeologico di Adria (Parco del Delta del Po) in via Badini 59 (RO).
Gli orari feriali e festivi vanno dalle 9 alle 20 (chiusura cassa ore 19); l’ingresso intero alla mostra e al museo costa € 6, quello ridotto € 3.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 0426 71200, fax 0426 372095; sito: http://www.balkani.it/.

L’Ente Parco Delta del Po è in via Marconi, 6 ad Ariano Polesine (RO); tel. 0426372202, fax. 0426373035; sito: http://www.parcodeltapo.org/.

Il ristorante “Stella del Mare” si trova in località Gorino Veneto, in Via Po 36 ad Ariano nel Polesine (Rovigo), tel 0426 388323.

L’albergo ristorante Molteni è ad Adria in via Ruzzina, 4; tel. 0426/42520; sito web: http://www.albergomolteni.it/.

Il Castello Estense di Mesola è aperto al pubblico da martedì a domenica dalle 9 alle 12:30 e dalle 15 alle 17:30.

21 agosto 2007

NORAH JONES PER SCOPRIRE LE MERAVIGLIE DI POLA


L’avvolgente voce della newyorkese Norah Jones, irresistibile talento jazz-soul, scalderà questa sera gli spalti della splendida Arena di Pola. La città, con i suoi sessanta mila abitanti circa, è il cuore economico e culturale dell’Istria e ospita il museo archeologico, quello storico, il Teatro Popolare, biblioteche, gallerie e centri culturali.La fondazione di Pola, città trimillenaria, si narra risalga agli Argonauti che, spossati dalla ricerca del Vello d’oro, vi avrebbero trovato rifugio. Al di là del mito, passando attraverso l’epoca degli Istri, dei Romani e dei Veneziani e, più tardi, della dominazione austriaca, le vestigia del tempo hanno lasciato segni tangibili nei vari monumenti disseminati in città. L'ufficio turistico (tel. +385 52219197), nella piazza del Palazzo Civico, mette gratuitamente a disposizione un’utile mappa.Dell’antica cinta muraria, si sono conservati solo alcuni accessi come Porta Ercole, Porta Gemina e l’Arco dei Sergi, appoggiato alla Porta Aurea, così chiamata per le ricche decorazioni dell’arco e per la doratura dello stipite. Al Foro romano, luogo centrale di ritrovo della Pola antica e medievale, si affaccia il Tempio di Augusto (2 a.C.), quasi completamente ricostruito dopo i bombardamenti del ’45, che ospita una mostra di sculture in pietra. Da vedere il Palazzo municipale (1296), la chiesa e il convento francescani (XIII secolo), la Cattedrale risalente al IV secolo e incendiata dai veneziani nel 1242; la Chiesa di San Nicola, costruita con pietre calcaree, e il Castello, dal quale si ammira l’intera città, porto e anfiteatro compresi.Quest’ultimo, sesto al mondo per grandezza, resta il vero simbolo della città. Costruito nel I secolo a.C., fu teatro delle lotte tra gladiatori che si sfidavano sotto gli occhi dei 25.000 spettatori accolti allora dall’Arena. Oggi l’accesso alle manifestazioni estive è limitato a un quinto della capienza complessiva. Nel vano sotterraneo è allestita la mostra permanente “l'olivicoltura e la viticoltura dell’Istria nell’antichità”. Pola offre molto anche dal punto di vista dei divertimenti e della vita notturna. Numerosi sono i ristoranti e i locali aperti fino a tarda ora. Il ricco patrimonio culturale e storico è, inoltre, una scenografia perfetta per gli spettacoli musicali e teatrali di alto livello che caratterizzano l’estate polese.Le spiagge più frequentate, per lo più di ghiaia e rocce, si trovano nelle vicinanze (Verudela e Stoja). Una decina di chilometri a sud, ideale per immersioni, consigliamo lo splendido golfo di Medulino che include un arcipelago di isolotti, la penisola di Pomer e la riserva naturale di Promontore.Dirigendosi a nord, si scoprono, invece, le cittadine di Dignano e Fasana con le caratteristiche casette in pietra e gli imponenti campanili ad evocare la quiete dei tempi passati. Da qui potete prendere un traghetto per esplorare le bellissime isole di Brioni. Un tempo residenza di Tito, oggi le isole sono parco nazionale e offrono un meraviglioso paesaggio, arricchito da flora e fauna provenienti da diverse parti del mondo.
di Cristina Favento
pubblicato su Il Piccolo del 10 agosto 2007

10 agosto 2007

IL LIBERO ARBITRIO, UNA VITTORIA MERITATA - Intervista a Sabine Timoteo

È difficile parlare di questo film. Le parole, anche le più ricercate, sembrano inadatte a esprimere l'esperienza forte che si vive vedendo Il Libero Arbitrio (Der Freie Wille, Germania 2006) di Matthias Glasner, vincitore dell'edizione 2007 del Trieste Film Festival e dell'Orso d'argento a Berlino per la miglior sceneggiatura e il miglior interprete maschile.
La giuria triestina ha deciso all'unanimità di premiare il lungometraggio tedesco perché ha saputo raccontare con drammatica incisività e senza alcun compromesso la storia di un uomo schiavo della propria natura, costretto a vivere al di fuori di ogni contesto sociale. “Il regista non indulge a facili soluzioni” aggiungono i giurati “e conserva un distacco oggettivo, aiutato da due interpreti eccezionali”.


Rabbiosi, soli, poetici, feriti, forti e fragili allo stesso tempo, disperati e profondamente commoventi, Theo e Nettie (i due protagonisti interpretati da Jürgen Vogel e Sabine Timoteo) sono due anti-eroi che non si dimenticano.


di Cristina Favento

leggi l'articolo e l'intervista a Sabine Timoteo su Fucine Mute

09 agosto 2007

Trieste Film Festival Balance

È come affacciarsi ad una finestra aperta sull’Europa, il paesaggio magicamente scorre sotto ai nostri occhi, racconta di storie intime ed universali, raccoglie frammenti di verità e s’insinua nelle fessure profonde dell’immaginario.
Nella settimana del Trieste Film Festival si ha l’impressione di ripercorrere epoche e mondi senza tempo, di scoprire nuove reinterpretazioni della realtà attraverso gli occhi della macchina da presa. Anche una volta usciti dalle sale, le immagini e i volti restano impregnati in qualche angolo di noi, fino alla prossima edizione…


di Cristina Favento


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05 agosto 2007

Fredi Murer, da registra d'avanguardia a produttore da Oscar


La retrospettiva del Trieste Film Festival, tradizionalmente dedicata ad un autore di particolare rilievo e originalità nella storia del cinema europeo, ha visto quest'anno protagonista Fredi Murer. Oltre ad essere un regista indipendente di fama internazionale, il poliedrico autore svizzero è anche direttore della fotografia, attore, montatore, sceneggiatore, produttore e documentarista.
La sua intraprendente personalità si riflette nella varietà e complessità dei suoi lavori, purtroppo ancora poco noti in Italia, che spaziano dal lungometraggio di finzione al corto d'avanguardia, dal documentario al ritratto d'artista, dall'home video ad azioni d'intervento politico vero e proprio.Il suo è dunque un fare cinema a tutto tondo che offre numerosi spunti di ricerca e riflessione. Ai suoi oltre quarant'anni di attività è stato dedicato anche un volume, intitolato anch'esso La luna, i falò e curato da Paolo Vecchi, che raccoglie saggi, lettere, testimonianze ed una lunga intervista.La retrospettiva ha riproposto al pubblico del festival parte della filmografia realizzata da Murer, che ha personalmente selezionato e introdotto i propri lavori presentando le proiezioni in sala.

Spiccano tra le sue produzioni giovanili i ritratti, particolarmente brillanti e fantasiosi, che il regista ci ha regalato di alcuni amici artisti dell'epoca: Cicoria: dodici appunti schizoframmentari sulla vita del conte Ivan Merdreff (1966); Bernhard Luginbül (1966) e Sad is fiction (1969) dedicato al poeta zurighese Alex Sadkowsky. Imperdibile la proiezione di Höhenfeuer (I falò, 1985), stupefacente ritratto incestuoso dal tragico epilogo in un maso tra le montagne svizzere, considerato dai critici uno dei capolavori della storia del cinema. Da vedere anche l'inquietante Vollomond (Luna piena, 1998), girato dopo i 13 anni di silenzio seguiti a I falò, molto distante dall'atmosfera senza tempo del film precedente. Tra una presentazione e l'altra, abbiamo avuto il piacere di chiacchierare lungamente assieme a questo grande autore e professionista.

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di Cristina Favento
foto di Giulio Donini


04 agosto 2007

PER NON DIMENTICARTI, intervista a MARIANTONIA AVATI

Ex cantante jazz, figlia d'arte, regista determinata, Mariantonia Avati esordisce a quarant'anni sul grande schermo.



Cristina Favento (CF): Lei presenta a Maremetraggio il film Per non dimenticarti, lungometraggio d’esordio che, però non è certo la prima esperienza sul set. Volevo parlare un po’ di questo percorso: il film è arrivato dopo parecchi anni rispetto ai primi contatti con il mondo del cinema, come mai la decisione di aspettare tanto prima di buttarsi?
Mariantonia Avati (MA): Perché, conoscendo molto bene questo ambiente e questo mestiere, avendolo indirettamente frequentato si da piccola, ho seguito il consiglio di mio padre, ossia di espormi nel momento in cui mi sentissi pronta a farlo. La mia gavetta è iniziata a diciott’anni lavorando come assistente, coma factotum in produzione, ricoprendo i ruoli che si credono più umili ma che invece sono altamente formativi.


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UN CONFORMISTA RIBELLE, intervista a MASSIMO CAPPELLI e FABIO TROIANO

La famiglia, gli amici, le consuetudini sociali sono brutte bestie, dice Massimo Cappelli, è difficile essere padroni della propria vita. Più che dircelo, ce lo racconta nel suo primo film, Il giorno + bello, attraverso la sua personale visione di uno dei grandi topos del cinema: il matrimonio."Ha senso riproporre il tema a patto che lo si guardi da un’angolazione nuova. Di solito si raccontano storie di persone che si sposano. Io invece voglio raccontare una storia di persone che subiscono, più o meno consciamente, quel rito della società occidentale che conduce a quel giorno”. Così scrive il regista nelle sue note di regia. Per approfondire e allargare un po’ il discorso, nel corso di Maremetraggio, abbiamo incontrato Cappelli e Fabio Troiano, l’attore protagonista che interpreta il futuro sposo Leo.

01 agosto 2007

Valerio Magrelli, il confine tra la mia morte e la vita altrui

Luigi Nacci (LN): Valerio Magrelli, classe 1957, un esordio fulminante. Accolto bene dalla critica nel 1980 per Ora serrata retinae, preceduto nel 1977 dalla pubblicazione su riviste ("Periodo ipotetico", "Nuovi Argomenti") e dall’inserimento, l’anno successivo, ne La parola innamorata, l’antologia a cura di Enzo Di Mauro e Giancarlo Pontiggia che tanto ha fatto discutere. A distanza di trent’anni, che cosa pensa delle sue prime prove in versi? E chi è stato, se c’è stato, il suo "mentore"?

Valerio Magrelli (VM): Ho avuto la fortuna di incontrare molti lettori interessati alla mia ricerca. I miei primi testi sono stati pubblicati da Elio Pagliarani su "Periodo Ipotetico" e da Enzo Siciliano su "Nuovi Argomenti". Più tardi, Enzo Di Mauro e Giancarlo Pontiggia li inserirono nell’antologia La parola innamorata, e Antonio Porta li presentò nell’"Almanacco dello Specchio" della Mondadori. Qualche anno dopo, Aldo Tagliaferri li accolse nella collana della Feltrinelli.Quanto all’impressione che provo davanti alla mia opera prima, potrei ricondurla al concetto freudiano di "perturbante": sono ancora io, e già non sono più io. Mi interessa l'aspetto geologico del passato, per meglio dire, la geologia della biografia.


a cura di Luigi Nacci