Fulcro del racconto è proprio un difficile e apparentemente irrecuperabile rapporto tra padre e figlio. Il confronto è duro, doloroso ma quanto mai necessario.
Non è un film di maniera, ma il racconto di un osservatore che, attraverso le immagini, mette in luce piccoli grandi dettagli, carpiti soprattutto dalla personale esperienza del regista. Dal punto di vista umano, Angelini ha vissuto la realtà del carcere facendo il volontario a Rebibbia mentre, dal punto di vista formale, ha alle spalle numerosi lavori documentari. Questo suo duplice bagaglio lo ha reso capace di tratteggiare l’atmosfera di fondo del film con precisa consapevolezza e partecipazione sentita. Prezioso è stato indubbiamente anche l’apporto del co-sceneggiatore, Angelo Carbone, e di attori come Pasotti, Colangeli e la Cescon.
di Cristina Favento
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