Carnevale sarà una doppia festa quest’anno per l’Ongia. Nata nel 1939 dall’iniziativa di un nutrito gruppo di ragazzetti accomunati da unghie malconce a causa del lavoro nel cantiere navale, la compagnia muggesana celebra nel 2009 ben settant'anni di attività. Oltre ad essere la più longeva, reduce da quattro vittorie consecutive, l'Ongia è anche la compagnia più premiata dei Carnevali muggesani. E l’unica che può vantarsi di non aver mai perso neppure un'edizione della manifestazione, sempre rigorosamente accompagnata dalla sua omonima banda.
Il motto scelto per la sfilata di quest’anno è “Energia? Yes we can” e fa riferimento alle potenzialità delle fonti energetiche alternative ma anche ad un certo ottimismo spiritosamente borioso che caratterizza la compagnia.
A supervisionare i lavori in corso c'è Italo Deponte, presidente dell’Ongia da quattro anni ma partecipe delle sorti della compagnia dal ’73, quando da ragazzetto faceva parte della banda e s’intrufolava nel cantiere del gruppo.
All’epoca, racconta, si prestava all’occorrenza – metter carta, piantar chiodi, lavare i bicchieri del chiosco - mentre ancora le basi dei carri si facevano in legno e non in metallo, come adesso. “Poi coi anni son diventà bel grande” scherza autoironico toccandosi la pancia “e son stà anche eletto dalla compagnia, perché de solito i ciol quei che no xè boni a far niente altro, cussì i fa i presidenti e noi intriga”. Italo racconta che ogni anno in questo periodo appende al frigo un permesso speciale che sua moglie, conosciuta proprio all’interno della compagnia, firmò 25 anni fa per autorizzarlo ufficialmente a far bagordi a Carnevale…
Pezzi forti dell’Ongia sono anche la pittrice Barbara, perché “quel che la decidi, quel se fa e no se discuti”, i due Giorgi che si accollano la parte strutturale, la squadra di mogli al lavoro sui 50 costumi della banda, prima tra tutte “La Gabana”, il cuoco Livio e soprattutto tutto il popolo sommerso che durante la sfilata non si vede, come Loris, “el tratorista mato”. E guai a dimenticare Franco, che lavorava all’Aquila e che sin dagli anni Trenta fa le teste dei pupi. È stato uno dei primi ad unirsi al gruppo e non è mai mancato all’appello per i “lavori de fin”, dice Italo. Oggi si occupa soprattutto di tramandare le proprie conoscenze ai più giovani che portano avanti il mestiere.
A sfilare col consueto sfarzo, coordinate da una regia molto ritmata, ci si aspettano circa in 200 persone dicono gli organizzatori, ma le altre compagnie vociferano che l'Ongia tenda a minimizzare a sia capace di portarne in strada il doppio. "C’è molta rivalità tra compagnie - dichiara Italo - ci aiutiamo e sosteniamo reciprocamente, ma resta comunque una gara, e lo spirito competitivo si fa sentire! Specialmente quest’anno che i carri sono tutti particolarmente belli... Qua è come essere al Palio di Siena però coi metodi del Carnevale di Viareggio!".
Il carro principale dell’Ongia sfoggerà un moderno Don Chisciotte a cavallo di una moto fiammeggiante puntata non più contro i mulini a vento ma contro pale eoliche in movimento. Italo confessa che il tema scelto quest’anno a lui non piace, “ma rispetto la scelta della maggioranza e farò comunque del mio meglio - aggiunge - perché il Carnevale è parte integrante delle nostre vite tutto l’anno, non solo in questo periodo, e non si può non dare il massimo”.
Il motto scelto per la sfilata di quest’anno è “Energia? Yes we can” e fa riferimento alle potenzialità delle fonti energetiche alternative ma anche ad un certo ottimismo spiritosamente borioso che caratterizza la compagnia.
A supervisionare i lavori in corso c'è Italo Deponte, presidente dell’Ongia da quattro anni ma partecipe delle sorti della compagnia dal ’73, quando da ragazzetto faceva parte della banda e s’intrufolava nel cantiere del gruppo.
All’epoca, racconta, si prestava all’occorrenza – metter carta, piantar chiodi, lavare i bicchieri del chiosco - mentre ancora le basi dei carri si facevano in legno e non in metallo, come adesso. “Poi coi anni son diventà bel grande” scherza autoironico toccandosi la pancia “e son stà anche eletto dalla compagnia, perché de solito i ciol quei che no xè boni a far niente altro, cussì i fa i presidenti e noi intriga”. Italo racconta che ogni anno in questo periodo appende al frigo un permesso speciale che sua moglie, conosciuta proprio all’interno della compagnia, firmò 25 anni fa per autorizzarlo ufficialmente a far bagordi a Carnevale…
Pezzi forti dell’Ongia sono anche la pittrice Barbara, perché “quel che la decidi, quel se fa e no se discuti”, i due Giorgi che si accollano la parte strutturale, la squadra di mogli al lavoro sui 50 costumi della banda, prima tra tutte “La Gabana”, il cuoco Livio e soprattutto tutto il popolo sommerso che durante la sfilata non si vede, come Loris, “el tratorista mato”. E guai a dimenticare Franco, che lavorava all’Aquila e che sin dagli anni Trenta fa le teste dei pupi. È stato uno dei primi ad unirsi al gruppo e non è mai mancato all’appello per i “lavori de fin”, dice Italo. Oggi si occupa soprattutto di tramandare le proprie conoscenze ai più giovani che portano avanti il mestiere.
A sfilare col consueto sfarzo, coordinate da una regia molto ritmata, ci si aspettano circa in 200 persone dicono gli organizzatori, ma le altre compagnie vociferano che l'Ongia tenda a minimizzare a sia capace di portarne in strada il doppio. "C’è molta rivalità tra compagnie - dichiara Italo - ci aiutiamo e sosteniamo reciprocamente, ma resta comunque una gara, e lo spirito competitivo si fa sentire! Specialmente quest’anno che i carri sono tutti particolarmente belli... Qua è come essere al Palio di Siena però coi metodi del Carnevale di Viareggio!".
Il carro principale dell’Ongia sfoggerà un moderno Don Chisciotte a cavallo di una moto fiammeggiante puntata non più contro i mulini a vento ma contro pale eoliche in movimento. Italo confessa che il tema scelto quest’anno a lui non piace, “ma rispetto la scelta della maggioranza e farò comunque del mio meglio - aggiunge - perché il Carnevale è parte integrante delle nostre vite tutto l’anno, non solo in questo periodo, e non si può non dare il massimo”.
Cristina Favento,
articolo pubblicato su Il Piccolo, febbrario 2009
Foto di Alessandro Biondi ©
Foto di Alessandro Biondi ©
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