A due giorni dall’inizio ufficiale dei Giochi Olimpici di Pechino, Grado festeggia a suo modo lo sport in versione cinematografica e non. Dopo la diretta satellitare di lunedì scorso con Alex Bellini, intento ad attraversare l’oceano Pacifico a remi in solitaria, Lagunamovies prosegue stasera, alle 21 alla Diga, con una rarissima versione originale dell’”Olympia” di Leni Riefenstahl, conservata da oltre quarant’anni dal comune gradese. La proiezione della monumentale e controversa pellicola del 1936, dedicata alle Olimpiadi di Berlino, sarà introdotta dai giornalista Gianpaolo Carbonetto. Venerdì, invece, alla presenza di Francesco Moser e di Umberto Sarcinelli, i riflettori saranno puntati sull’”ultima pedalata” di Ottavio Bottecchia, documentario prodotto nel 2007 dalla Cineteca del Friuli e realizzato da Gloria De Antoni.
“Il progetto non nasce da una mia idea” racconta l’autrice “ma dalla volontà di commemorare gli ottant’anni dalla morte di questo eroe dello sport. Confesso di non essere una sportiva neanche per tifo e, prima di questo lavoro, per me Bottecchia erano soltanto le biciclette un po’ più serie che avevamo da bambini!”.
Come si è appassionata al personaggio?
Mi affascinava il fatto che fosse morto in circostanze misteriose, prima ancora di scoprire lo sportivo e l’uomo, il lato profondamente disperato del ciclista, cresciuto in una famiglia di emigranti, che vinse due volte il Tour de France: è una storia di povertà, di uno che non era nessuno e che aveva solo le sue gambe, con una forza pazzesca, anche di volontà. È un vero peccato non aver mai conosciuto Bottecchia, né qualcuno che lo avesse conosciuto da vicino. Se non a risolvere, volevo almeno provare a formulare una reale ipotesi di verità sulla sua morte, ascoltando, indagando, riflettendo, e leggendo i moltissimi libri che su di lui sono stati scritti. Anche se non svelo un colpevole, nel documentario traspare la mia idea.
È vero che sta lavorando ad un nuovo documentario “storico” sulle spiagge di Grado?
Non è ancora un lavoro compiuto quanto piuttosto un progetto, nato da un’idea di Daniela Volpe, per un collage documento basato su comuni filmini d’epoca girati in super8 a partire dagli anni ‘50 e ’60; un intreccio di storie per raccontare almeno una quarantina d’anni. E poi c’è in programma anche il mio quinto documentario: su “Senilità” di Svevo, e su Trieste.
Di che cosa si tratta esattamente?
Anche questo è un lavoro ancora da definire, ma già iniziato nel corso del Trieste Film Festival con una gentilissima collaborazione di Claudia Cardinale. L’attrice si è prestata a recitare se stessa mentre attraversa Piazza Unità, arrivando sino al Molo Audace: una sorta di particolare remake della prima scena di “Senilità”. Mi divertirebbe usare il più importante film girato a Trieste come una traccia, un tema conduttore da integrare, però, ad altri racconti e ad altri film fatti in città. Vorrei chiamare a testimoni non solo registi e attori ma anche persone comuni, per raccontare soprattutto i luoghi e gli anni del dopoguerra.
“Il progetto non nasce da una mia idea” racconta l’autrice “ma dalla volontà di commemorare gli ottant’anni dalla morte di questo eroe dello sport. Confesso di non essere una sportiva neanche per tifo e, prima di questo lavoro, per me Bottecchia erano soltanto le biciclette un po’ più serie che avevamo da bambini!”.
Come si è appassionata al personaggio?
Mi affascinava il fatto che fosse morto in circostanze misteriose, prima ancora di scoprire lo sportivo e l’uomo, il lato profondamente disperato del ciclista, cresciuto in una famiglia di emigranti, che vinse due volte il Tour de France: è una storia di povertà, di uno che non era nessuno e che aveva solo le sue gambe, con una forza pazzesca, anche di volontà. È un vero peccato non aver mai conosciuto Bottecchia, né qualcuno che lo avesse conosciuto da vicino. Se non a risolvere, volevo almeno provare a formulare una reale ipotesi di verità sulla sua morte, ascoltando, indagando, riflettendo, e leggendo i moltissimi libri che su di lui sono stati scritti. Anche se non svelo un colpevole, nel documentario traspare la mia idea.
È vero che sta lavorando ad un nuovo documentario “storico” sulle spiagge di Grado?
Non è ancora un lavoro compiuto quanto piuttosto un progetto, nato da un’idea di Daniela Volpe, per un collage documento basato su comuni filmini d’epoca girati in super8 a partire dagli anni ‘50 e ’60; un intreccio di storie per raccontare almeno una quarantina d’anni. E poi c’è in programma anche il mio quinto documentario: su “Senilità” di Svevo, e su Trieste.
Di che cosa si tratta esattamente?
Anche questo è un lavoro ancora da definire, ma già iniziato nel corso del Trieste Film Festival con una gentilissima collaborazione di Claudia Cardinale. L’attrice si è prestata a recitare se stessa mentre attraversa Piazza Unità, arrivando sino al Molo Audace: una sorta di particolare remake della prima scena di “Senilità”. Mi divertirebbe usare il più importante film girato a Trieste come una traccia, un tema conduttore da integrare, però, ad altri racconti e ad altri film fatti in città. Vorrei chiamare a testimoni non solo registi e attori ma anche persone comuni, per raccontare soprattutto i luoghi e gli anni del dopoguerra.
di Cristina Favento, articolo publicato su "Il Piccolo" di mercoledì 6 agosto 2008
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